Un dato è certo: con l’inchiesta Cerberus è stato messo un tassello decisivo alla scoperta dei meccanismi di penetrazione della mafia e della criminalità organizzata nelle istituzioni e nell’economia della Lombardia. Nel caso di Buccinasco, di Assago, Corsico e tutto il Sud ovest Milanese si tratta di ‘ndrangheta che alcuni hanno definito “imprenditoriale” (ma che viaggiava a braccetto con quella che si dedicava al crimine organizzato). Imprenditoriale o meno, di certo ha trovato una sponda nell’ imprenditoria (di sicuro omertosa) e nella politica locale, con quest’ultima che sembra impotente ad arginare gli appetiti delle cosche sugli appalti pubblici e privati. Per paura? Perché collusa? Molti personaggi sembrano colpevoli, non lo sono secondo le carte processuali. Ed è a queste che qui, con questa inchiesta, si fa riferimento.
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Quelli è meglio averli amici
Per i primi l’elenco è lungo. Da Maurizio Luraghi che per l’accusa, è un “imprenditore colluso” a Mario Pecchia oggi scomparso, immobiliarista di grido, titolare della Finman srl con uffici in via Durini a Milano, a Ernesto Giacomel, titolare, ad Assago, di uno dei rivenditori Audi più grandi d’Europa secondo il quale “Quelli è meglio averli amici”. Giacomel ha lavorato con Rocco Papalia e ha fatto lavorare sui suoi terreni le imprese dei Barbaro. Esiste anche un altro tipo di imprenditore quello che “perde la memoria” e non ricorda quel che ha detto, quel che ha fatto, con chi lo ha fatto, come Massimiliano Guerra.
La madre di tutte le indagini
L’inchiesta Cerberus è il padre e la madre di tutte le altre indagini che si sono occupate di ‘ndrangheta imprenditoriale”. Un esempio è l’operazione “Parco sud” che raccoglie e rilancia l’impianto accusatorio di Cerberus. Tra gli imputati ci sono ancora i Barbaro. Nel febbraio del 2010, poi, la Parco sud 2 racconta ancora i rapporti tra ‘ndrangheta, impresa e politica. Pochi mesi dopo, la mattina del 13 luglio, scatta il blitz “Infinito”: 160 arresti e una geografia mafiosa descritta in oltre 8oo pagine di ordinanza. Ancora una volta si tratta di una maxi-operazione contro la ‘ndrangheta calabrese e le cosche milanesi ad essa collegate portata a termine dalle Direzioni distrettuali antimafia dei tribunali di Reggio Calabria e Milano. Svela l’esistenza di una cupola calabrese con infiltrazioni nel settore edile e con tentativi di inquinare anche la vita politica lombarda.
Manifesti affissi e voti portati
Tentativo accaduto anche a Buccinasco, ad Assago, a Rho, a Pero, a Garbagnate, visto che in una intercettazione telefonica è lo stesso Luraghi a parlare di manifesti affissi e voti portati? Portati a chi? Manifesti affissi per conto di chi? Il clan Barbaro lavorava, con i suoi metodi, soprattutto nel privato. Sul fronte pubblico ufficialmente dal comune di Buccinasco ha ottenuto lavori per circa 50mila euro assegnati però senza gara di appalto. Quando? Nel periodo in cui Maurizio Carbonera era sindaco, Luigi Fregoni era capo dell’ufficio tecnico e Giuseppe Marzorati era responsabile dell’ufficio manutenzioni. Questo non significa fossero collusi. Anzi. I tentativi di prendere le distanze erano frequenti. Peccato poi naufragassero nei fatti. Il sindaco Carbonera in un interrogatorio del 29 ottobre del 2009 aveva dichiarato “di aver chiesto a quelli che gestivano il cantiere di “Buccinasco Più” di evitare di dare incarichi” alle società legate ai Barbaro.
Camion che sporcano
Il messaggio, inascoltato, era stato trasmesso, tramite Luigi Fregoni, a Pintus, rappresentante del consorzio che stava realizzando il quartiere. Il motivo? Oltre alla fama che aleggiava sulle aziende che facevano capo ai “calabresi”, “Perché – è sempre Fregoni che parla – erano aziende di piccolo cabotaggio che quindi spesso non garantivano una esecuzione dei lavori ottimale e con cui avevano problemi di natura tecnica… non so… i camion che giravano per il territorio sporcando… insomma comportamenti che su un grande cantiere preferivamo non avere… era un cantiere particolarmente visibile e volevamo toglierlo da quelle situazioni locali che poi generano problemi”. E che problemi, visto quel che è accaduto poi.
Il pranzo galeotto
Se ufficiosamente non si voleva che i camion dei Barbaro circolassero per il territorio sporcando… ufficialmente gli stessi Barbaro venivano trattati come tutti coloro che volevano partecipare a un appalto pubblico. Nonostante le voci che circolavano sul loro conto fossero sempre più insistenti e allarmanti. Salvatore Barbaro era stato già condannato per vicende di droga. Nonostante nel 99 avesse scontato una condanna definitiva nel carcere di Opera, con lui si dovevano applicare stesse procedure, stesse condizioni applicate agli altri imprenditori. Chi lo aveva deciso? Per ribadirlo fu organizzato un pranzo nell’allora più famoso ristorante di Buccinasco, la Griglia del fuoco. I commensali erano: Salvatore Barbaro, Luigi Fregoni, Maurizio Carbonera e Fulvio Benussi, presidente del Consiglio comunale. Di che cosa si parlò? In un “clima disteso” (Luraghi ipse dixit) l’ex sindaco spiegò a Salvatore Barbaro che “non c’erano pregiudiziali nei suoi confronti”. “Venga in comune – fu il suo invito – si informa presso l’ufficio tecnico e avrà tutte le informazioni per partecipare alle gare e agli affidamenti e così via”. Quel che non si comprende è perché un sindaco debba andare a pranzo con un “imprenditore” tanto chiacchierato che era già stato in prigione.
Auto incendiate, proiettili recapitati
In una intercettazione telefonica tra Maurizio Luraghi e Domenico Barbaro, si potrebbe ipotizzare quale fosse il vero motivo dell’incontro, o almeno il motivo per cui Barbaro lo avesse richiesto. Luraghi dice: “Salvatore è andato lì a rompergli i coglioni per il parco… e questo qui s’incazza…” Il riferimento è alla vicenda del parco Spina Verde di cui ci occuperemo più avanti. Che le relazioni tra sindaco e i Barbaro non fossero idilliache è testimoniato da due auto del primo cittadino bruciate e da una busta con gli auguri recapitata a Carbonera il 25 marzo 2005 alla vigilia di Pasqua. Conteneva una foto del sindaco e un proiettile di fucile mitragliatore. Non male come intimidazione.
Incarichi verbali
Uno dei motivi di contrasto tra Comune e gli uomini del clan è rappresentato da una richiesta di pagamento di una fattura avanzata da Rosario Barbaro per il trasporto di terra di coltivo scaricata in via Resistenza su un’area incolta. Il Comune non poteva pagare perché mancava la determina, cioè l’atto formale con cui l’ente pubblico assegna l’incarico e impegna la spesa. Da una parte Rosario Barbaro insisteva perché la fattura fosse pagata ribadendo di aver ricevuto l’incarico verbalmente dall’architetto Minei, predecessore di Luraghi, dall’altro, quest’ultimo non poteva liquidarla perché priva di un documento che ne ufficializzasse l’operatività. Sulla questione, in Comune sarebbe stato “visto” e mai più ritrovato un documento non firmato che sarebbe stato compilato dall’architetto Minei, che confermava il colloquio tra i due.
La discarica di via Resistenza
Il bello è che anche il terreno di via Resistenza, dopo una verifica, risulta essere inquinato negli strati inferiori da “cromo esavalente e idrocarburi”. In poche parole, un’altra discarica. Realizzata da chi? Sicuramente abusiva (si calcola che sia stato versato il contenuto di almeno 700/800 camion) perché Fregoni interrogato dalla Pm, Alessandra Dolci, dice di non saperlo. La stessa cosa fa Carbonera. “Il versamento dei materiali – dichiara – è avvenuto nel periodo precedente il nostro insediamento”. In presenza del Commissario prefettizio quindi. O prima? Carbonera ipotizza che gli inerti provenissero dalla demolizione della Lore Parisini di Assago “che aveva dei forni il cui materiale di demolizione sarebbe stato portato sull’area comunale di via Resistenza”. E chi aveva l’incarico di demolire la fabbrica dismessa? Secondo Carbonera a trasportare il materiale sarebbero stati i Barbaro, anche se all’epoca dei fatti erano stati accusati i “soliti ignoti”.
Con il cerino acceso in mano
“Noi – dichiara ancora Carbonera al pm – quando siamo arrivati abbiamo preso e denunciato tutto al magistrato Carnevale e naturalmente abbiamo condizionato il pagamento a questo approfondimento da parte del giudice, il quale a distanza di tempo ha archiviato tutto, per cui noi siamo rimasti…” Rimasti, come suol dirsi, con il cerino acceso in mano. “In ogni caso – conclude l’ex sindaco – questa fattura, siccome il procedimento amministrativo non era stato corretto, fino a quando siamo rimasti noi, ma presumo fino ad oggi non è stata mai pagata”. È la storia che si ripete. Si fanno delle demolizioni, e invece di portare le macerie con i materiali inquinanti nelle cave perché si dovrebbero pagare, si scaricano sul suolo pubblico. In questo modo i margini di guadagno si incrementano esponenzialmente. Non una sola volta ma due. Infatti la bonifica spetta all’ente pubblico perché, come nel caso di via della Resistenza, gli autori restano ignoti e ci si rivolge ad aziende del settore per ricoprire con terra di coltura la discarica. E di chi sono le aziende in grado di farlo a Buccinasco e dintorni? Non ci vuole uno sforzo della fantasia per indovinarlo.
La fattura
“In via Resistenza, – dichiara ancora Carbonera durante l’udienza – sotto il piano del contesto, c’erano tre o quattro metri di porcherie depositate da ignoti” ignoti che la vox populi aveva identificato nei Barbaro, cui, qualcuno in comune aveva poi dato incarico di ricoprire con terreno di coltura. Il fatto che l’incarico non fosse stato conferito formalmente dal responsabile dell’ufficio tecnico della precedente amministrazione (l’architetto Minei, cacciato da Carbonera appena quest’ultimo si è insediato?), non aveva impedito a Rosario di eseguire i lavori e di chiederne il pagamento ai funzionari dell’amministrazione di centrosinistra. Il balletto “pagatemi – no, non ti paghiamo” era andato avanti per due anni. Alla fine quella fattura non è stata mai saldata. Una piccola consolazione in un quadra davvero devastante. Perché la storia poco dopo si ripete.
(continua)