Smemorati, reticenti, mai colpevoli. Sono gli imprenditori che vengono a patti con la ‘ndrangheta. E che, anzi, sono “più che soddisfatti di come gli uomini delle cosche eseguino i lavori loro affidati “a regola d’arte”. Ci sono nomi che tra Buccinasco, Assago, Corsico e tutto il Sud ovest milanese hanno costruito le loro fortune. L’accusa era stata lanciata dal pm Alessandra Dolci durante la requisitoria del processo Cerberus, il padre e la madre di tutte le inchieste della magistratura sulla penetrazione della criminalità organizzata calabrese all’interno dei settori produttivi della provincia di Milano prima, dell’intera Lombardia poi. Non solo. Tra un camion e l’altro, tra una escavatrice e l’altra, tra un rifiuto inquinante e l’altro, tra una minaccia e l’altra, Salvatore Barbaro mette in piedi un’iniziativa che secondo i suoi interlocutori politici del tempo, siamo nel 2006, è un “tentativo di riavvicinare alla società chi rappresenta l’antistato”. Di cosa si tratta? Di una mostra, sì proprio di una mostra, patrocinata dal Comune di Buccinasco, di poesie scritte da Antonio Papalia e di fotografie della figlia.
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Arriva l’intoppo
Il progetto era definito in ogni particolare ed era nelle mani dell’assessore Piero Gusmaroli, passato dal Pci al Pds, dai Ds al Pd e del sindaco Carbonera. Doveva essere una “testimonianza del possibile reinserimento” di chi stava pagando il suo debito con la società. L’iniziativa aveva ottenuto il benestare del direttore del carcere di Biella dove in quel periodo Antonio Papalia stava scontando l’ergastolo, pena inflitta al processo Nord Sud, e dal ministero di Grazia e Giustizia retto, sempre in quel periodo, da Clemente Mastella. Iniziativa lodevole, pronta a passare alla fase esecutiva se non ci fosse stato un intoppo. L’intoppo sono le elezioni del 2007 che a sorpresa incoronano sindaco di Buccinasco Loris Cereda.
Da votare all’unanimità
Il progetto corre il rischio di finire nel dimenticatoio. A riproporlo al neo primo cittadino è sempre Salvatore Barbaro che chiede un appuntamento a Cereda che lo riceve in Comune (mai dimenticare che è ancora un incensurato che gode di tutti i diritti costituzionali). Barbaro sollecita il nuovo sindaco a dare l’ok alla mostra. Cereda, che non vuole essere messo sulla graticola dai professionisti dell’antimafia che a Buccinasco crescono come funghi velenosi, e conscio che avrebbe scatenato una valanga di polemiche sulle “collusioni” tra clan e politica, ne parla con Carbonera e Maiorano. Visto che è un’iniziativa partorita durante la loro amministrazione all’interno della loro coalizione, li informa di voler portare la delibera in Consiglio Comunale e di volerne l’approvazione all’unanimità, quindi anche da parte dei consiglieri del centrosinistra. Prima di prendere una decisione, l’ex sindaco e il futuro sindaco (Maiorano succederà a Cereda dopo l’arresto di quest’ultimo) sottolineano la necessità di parlarne all’interno del gruppo consiliare e dei vertici del Pd locale.
Scattano gli arresti
La mostra non sarà mai inaugurata perché mentre negli ambienti politici si discute sull’opportunità di approvarla o meno, l’inchiesta Cerberus si conclude e scattano gli arresti. Salvatore Barbaro finisce in manette e con lui il padre Domenico, il fratello Rosario, Pasquale Papalia, Mario Miceli, Maurizio Luraghi e la moglie Giuliana Persegoni. Le indagini su “Buccinasco Più”, ancora una volta mettono in evidenza che a Buccinasco, nel settore del movimento terra comanda il clan Barbaro-Papalia. Luraghi aveva lavorato nello stesso settore con Rocco Papalia già venti anni prima ed è il clan Barbaro – Papalia che gli risolve una questione sorta per un cantiere nel comune di Rho. Il boss del rhodense era Francesco Oliviero che, come emerso da una serie di intercettazioni pretendeva che quando i Barbaro e compagni trovavano lavoro nel territorio di sua competenza dovevano dar conto a lui e alla sua famiglia. Lui avrebbe fatto altrettanto se avesse trovato lavoro a Buccinasco e dintorni. Ed era stato Salvatore Barbaro a far credere a Luraghi che Oliviero era il mandante del danneggiamento di alcuni automezzi all’interno di un suo magazzino. A far da pacieri, sempre secondo Salvatore Barbaro sarebbero stati Domenico, Antonio e Rocco Papalia che, dal carcere, avevano fatto intervenire i mammasantissima rimasti a Platì.
Non solo Buccinasco
I cantieri su cui il clan avevano messo le mani si trovavano anche ad Assago. Era il 2002. Rosario Barbaro aveva ottenuti 2 sub appalti, uno in via Idioni, l’altro in via Palermo. L’importo per il solo movimento terra era di 900mila euro. Emblematica sulla questione è la deposizione di Dario Broglia, titolare della Saico, una grossa impresa di costruzioni che aveva vinto l’appalto. L’imprenditore, interrogato dal pm durante un’udienza sottolinea con “le dovute cautele” che tutte le imprese che operavano nel suo settore “si rassegnavano all’idea che i lavori fatalmente dovessero poi finire ai Barbaro”. I quali, nella zona vantavano una specie di monopolio. Monopolio che imponevano pur avendo, come nel caso dell’impresa di Rosario Barbaro, un solo camion disponibile. E chi aveva suggerito a Broglia di affidarsi ad un’impresa di così ridotte dimensioni per un lavoro che valeva poco meno di un milione di euro? Secondo il titolare della Saico sarebbero stati “Il geometra Cattaneo ed Ernesto Giacomel” che avrebbero detto: “Ma insomma, i movimenti terra e le cose, se li appaltate ai Barbaro, è meglio”.
Chi chiudeva un occhio e forse anche due
Non solo gli imprenditori locali chiudevano un occhio e forse anche due, ma pure lo studio legale al quale Broglia si era rivolto per chiedere se fosse opportuno o meno affidare il sub appalto a un Barbaro, visto quel che veniva pubblicato sui giornali a proposito dei legami con la ‘ndrangheta, diceva: “Non ci sono elementi per… se fanno prezzi di mercato, hanno attrezzature per lavorare e lavorano, non c’è motivo per non appaltare”. E alla domanda del Pm: “Lei verificò questa circostanza, se la ditta individuale di Rosario Barbaro avesse effettivamente i mezzi oppure no?” La risposta? “Nel contratto l’appaltatore si assume la responsabilità di avere i mezzi ma poi appena entrano in cantiere lo vediamo se li hanno, e sicuramente li avevano. Avevano macchinari, escavatori, avevano camion…” Di chi di erano, in realtà?
Di figlio in padre
Rosario non aveva la capacità tecnica di seguire cantieri così importanti, così alla Saico decisero di cambiare sub appaltatore. E a chi si affidarono? A Domenico Barbaro, papa di Salvatore e Rosario, che “sicuramente era più attrezzato e seguiva molto meglio il cantiere”. Una parte dei lavori era stato affidato anche a Luraghi. Il pagamento a quest’ultimo era stato sospeso per una contestazione su ciò che era stato realizzato. Luraghi aveva preteso il saldo delle sue spettanza. Era andato da Broglia e lo aveva minacciato: “Fai attenzione – gli aveva detto – questa non è gente che va dall’avvocato”. All’inizio Broglia non dà peso alla minaccia, poi, dopo aver ricevuto un paio di telefonate attribuite ai Barbaro si rivolge al maresciallo dei Carabinieri Alessio Marra a cui racconta quel che gli sta capitando. E interrogato a questo proposito, con molta reticenza risponde: “Nel periodo del cantiere di Assago avevamo vissuto un momento storico difficile. Difficile con la committente, difficile con i fornitori, difficile con Luraghi, difficile per la gestione e ne volevano assolutamente uscire. Non volevamo più fare lavori ad Assago, non volevamo più avere rapporti commerciali con la ditta Barbaro, con la Lavori stradali e quant’altro”. Per essere pagato, Luraghi promuove una causa civile e la vince.
Imprenditori assaghesi
Esemplare sui rapporti imprenditori- criminalità organizzata e l’interrogatorio durante il processo Cerberus a Ernesto Giacomel, concessionario di automobili che svolge anche attività immobiliare. Con la sua società Axedil ha realizzato due palazzine del quartiere “Buccinasco Più”. Conosceva Luraghi che nel 2003 si era rivolto a lui sollecitandolo a onorare i suoi impegni nei confronti della Saico, in modo che Broglia avrebbe poi onorato i suoi. Tiratosi fuori da una bega che non gli apparteneva perché non aveva più obblighi nei confronti della Saico, alla richiesta di Luraghi di affidargli i lavori di via Guido Rossa, lo manda da Renato Pintus, deus ex machina del nascente cantiere di “Buccinasco più”. Agli inizi degli anni ’90 Giacomel aveva conosciuto anche Rocco Papalia. Il motivo? Il vincitore di un appalto bandito dal consorzio “Imprenditori Assaghesi” i cui lavori erano finiti nel ’92, aveva avuto dei “problemi”. Di che natura, è presto detto.
“Qualche bruciatura, qualche affumicatura”
“Che problemi ha avuto?” chiede il Pm a Giacomel durante un’udienza di Cerberus. “Qualche incidente, qualche bruciatura, qualche affumicatura” è la risposta. Al che il magistrato legge le sue dichiarazioni rilasciate durante le indagini: “Iniziarono i lavori e ci furono i primi problemi e in particolare Scomparin, che è quello che si era aggiudicato i lavori, ci disse che a causa di Rocco Papalia, il titolare della cava di Buccinasco non gli forniva più gli inerti per i riempimenti, inoltre al cantiere era bruciata qualche baracca per il ricovero degli attrezzi”. A quel punto i lavori di movimento terra a chi vengono dati? Rocco Papalia e Scomparini si incontrano su sollecitazione dello stesso Giacomel e addiveniscono a un accordo: il primo di occupa del movimento terra, il secondo delle urbanizzazioni. Per i lavori del movimento terra, Papalia si avvale della collaborazione di Domenico Barbaro. E quando il pubblico ministero Alessandro Dolci gli chiede il perché di queste raccomandazioni, Giacomel risponde: “Ma dottoressa, qui andiamo a scoprire l’acqua calda. Lei e tutti noi conosciamo che è meglio averli amici – lei lo ha messo a verbale -è meglio averli amici che averli nemici. E qui lo confermo: per me sono e rimangono delle persone che hanno saputo lavorare e fare il loro dovere”.
Il parcheggio Salieri e la scuola Mascherpa
Ernesto Giacomel non è l’unico imprenditore ad “apprezzare” il lavoro svolto dai Barbaro e compagni. Ce ne sono anche altri. Uno è il titolare della Tertennis Impresa di Costruzioni che ha realizzato il parcheggio di via Salieri a Buccinasco. Interrogato dal pubblico ministero Alessandra Dolci conferma di aver affidato i lavori di movimento terra a Mario Miceli. Non solo. Nonostante Miceli fosse sotto processo ma in stato di libertà, confessa di avergli affidato anche altri lavori senza mai porsi alcun problema di opportunità. Poi ci sono quelli reticenti. Come Francesco Baronchelli, incaricato nel 2004 dei lavori nel cantiere per l’ampliamento della scuola elementare di via Mascherpa, che incalzato dal presidente della corte evita di spiegare come mai si senta sollevato perché “non ho avuto altri lavori a Buccinasco”. Di 13mila euro stanziati per quell’appalto, l’impresa dei Baronchelli ne versa circa 10mila alla Mo.Bar dei Barbaro alla quale affida i lavori di sbancamento. Poi non vuole più avere alcunché da fare a Buccinasco e dintorni.
La tombinatura del cavo Belgioioso
Un altro appalto pubblico bandito dal comune di Buccinasco vinto da un’azienda e poi eseguito dai Barbaro è quello della tombinatura del cavo Belgioioso. Lo vince la “Eredi di Guerra Gianfranco”, lo esegue la Edil Company di Barbaro senza che nessuno in comune tra funzionari addetti ai lavori pubblici, assessori o sindaco abbiano nulla da dire. Lo conferma Luigi Fregoni, funzionario comunale, al pubblico ministero durante l’udienza del 6 ottobre del 2009. Si tratta di affermazioni che lasciano sconcertati. Dichiara Fregoni: “Dopo aver vinto l’appalto, il titolare della Eredi Guerra mi presentò il signor Barbaro dicendo che avrebbe eseguito i lavori”. Il pm gli chiede: “Vinse la ditta Eredi Guerra e i lavori li fece Barbaro (che aveva partecipato allo stesso appalto ma era stato sconfitto), se ho inteso bene?” Fregoni, senza alcuna remora: “Beh noi abbiamo pagato la ditta Eredi Guerra regolarmente… mi presentò Barbaro, anche se già lo conoscevo e mi disse che i lavori li avrebbe eseguiti lui… cioè che sul cantiere avrei avuto lui come riferimento Ma non fece un sub appalto”. Tutto nella norma, secondo il funzionario.
(continua)