Nella foto Paolo Salvaggio, ucciso l’11 ottobre del 2021 in via della Costituzione a Buccinasco da due killer rimasti sconosciuti
La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ridotto a 21 anni la condanna per Benedetto Marino, imputato per concorso nell’omicidio di Paolo “Dum Dum” Salvaggio, capobastone legato alla cosca di ‘ndrangheta Barbaro-Papalia avvenuto l’11 ottobre 2021 a Buccinasco. In primo grado Marino era stato condannato all’ergastolo.
L’agguato
L’omicidio di Paolo “Dum Dum” Salvaggio, da subito era sembrato sfuggire alla trama delle dinamiche mafiose calabresi. Salvaggio, 60enne broker della droga con legami consolidati con la potente cosca Barbaro Papalia originaria di Platì, è stato ucciso in pieno giorno, ma gli investigatori avevano subito escluso fosse la conclusione di dispute interne alla mafia calabrese. Nonostante i suoi stretti legami con la criminalità organizzata, l’omicidio pareva essere il risultato di dissapori nati all’interno del carcere, dove Salvaggio era stato rinchiuso in passato perché coinvolto in un’inchiesta antimafia contro le cosche trapiantate nel Nord Italia. Rilasciato nel 2021 per gravi problemi di salute, fu aggredito da due uomini in sella a uno scooter Yamaha TMax mentre pedalava lungo via della Costituzione, per poi essere ucciso con quattro colpi di pistola, uno dei quali a bruciapelo alla testa.
Il ruolo di Marino
Secondo le indagini, Marino faceva parte del commando e avrebbe avuto il ruolo di autista e palo. Si trovava alla guida di una Peugeot 3008 intestata alla compagna, con cui uno dei due sicari si sarebbe dato alla fuga dopo aver abbandonato il motorino usato per l’agguato in un’area boschiva. I filmati di sorveglianza lo collocherebbero fermo in auto nei pressi di via Fleming per oltre 40 minuti, in attesa del killer.
Il movente
Il movente del delitto, tuttavia, resta ancora poco chiaro. Le prime ipotesi degli inquirenti avevano legato l’omicidio alla criminalità organizzata, ma in seguito l’attenzione si è spostata sulla rete di contatti che Salvaggio aveva mantenuto negli ultimi anni, anche durante la detenzione. In sostanza, è ancora fitta la nebbia sull’omicidio. Manca un movente, i colpevoli sono ancora senza nome e l’unico uomo a processo, ritenuto il palo e l’autista di uno dei killer, nega qualunque coinvolgimento nell’omicidio.
La decisione dei giudici
Il collegio d’appello ha deciso di escludere l’aggravante della premeditazione, accogliendo in parte la richiesta della sostituta procuratrice generale Maria Saracino, che aveva chiesto 24 anni e il riconoscimento delle attenuanti. La difesa di Marino, rappresentata dagli avvocati Davide Montani e Deborah Squeo, ha invece insistito sull’assenza di prove concrete, sostenendo che il loro assistito dovesse essere assolto. I legali hanno già annunciato ricorso in Cassazione, puntando su un’ulteriore riduzione della pena grazie al possibile riconoscimento delle attenuanti generiche. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 60 giorni. Alla lettura del verdetto, i familiari di Marino hanno protestato in aula gridando “vergogna”.
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