lunedì, Ottobre 14, 2024
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La città dai forti contrasti

La prima tappa, naturalmente, è la scoperta della Medina. Ci si perde in un dedalo di viuzze e vicolini lastricati e bui su cui si affacciano senza alcuna soluzione di continuità centinaia di negozietti, botteghe di artigiani, fruttivendoli, macellai

Chi non è abituato è stordito dalla confusione, poi a poco a poco si viene ammaliati dalla bellezza di Marrakech.  Citta dai contrasti così forti da rappresentare essi stessi il vero fascino. Su tutto domina un profumo, quello della menta servita con il the, oppure utilizzata durante la visita a una conceria: ti rimane dentro e non ti abbandona nemmeno quando torni a casa.
Il caos si scopre appena usciti dall’aeroporto, la malia è un po’ più lenta a montare. Bisogna entrare nel cuore della Medina per cominciare a subirlo. Prima però è quasi un’avventura nell’avventura. Nella cinta della Medina non ci sono parcheggi intesi all’europea, magari aspettarseli è da sprovveduti, ma tant’è. E allora dove si lascia l’auto presa a noleggio in aeroporto? In una piccola e sovraffollata piazzetta in cui si viene subito circondati da una folla di ragazzini che si offrono di portare le valige. Che non sono poche, visto che moglie e amiche hanno pensato bene di trasferire il loro guardaroba da questa parte del Mediterraneo.

Il carretto trainato a braccia

Caricato il tutto su una specie di carretto trainato a braccia dai già citati ragazzini, si parte in direzione del riad. Direzione? Il dedalo di vicoli stretti e colmi di merci fa perdere l’orientamento. Bisogna affrettarsi perché i ragazzini e i bagagli corrono e ogni tanto spariscono dalla vista. I dubbi di rimanere con i soli abiti che si indossano prendono sempre più consistenza. Si arriva in Azbetz, 10 Derb Lferrane, un vicolo ancora più scuro e buio degli altri e il carretto si ferma. Ecco la nostra destinazione, il riad Karmela.  Visto da fuori, l’impressione è di essere finiti in una topaia. Gente di poca fede. Che cosa è un riad, si chiederà qualcuno? Per secoli è stata l’abitazione tradizionale delle città del Marocco. Generalmente è costituito da alcune stanze, che si sviluppano su più piani, suddivise da giardini interni o cortili. L’insieme, molto spesso è arricchito con fontane decorative. La parola riad deriva dall’arabo giardino, ma significa anche svago.  Tra le loro caratteristiche più curiose c’è il fatto che sono completamente chiusi verso l’esterno. Si sviluppano attorno a un cortile o giardino centrale, secondo un modello tipico che risale ai giardini persiani.

Luci soffuse e mosaici

Aperta la porta e superata una porticina di legno, si entra nel mondo delle Mille e una notte. Il riad è così come uno si immagina debba essere un ambiente orientale: luci soffuse, mosaici, ceramiche, camini, tende, alberi che delimitano un giardino decorato da fontanelle. Il riad Karmela è l’immaginazione che all’improvviso diventa realtà, una realtà da toccare con mano. E le camere poi? Letti a baldacchino, luci ancora più soffuse, mobili in legno grezzo, suppellettili dai colori caldi che vanno dal rosso all’oro, passando per l’ocra. Entrare dento un riad significa isolarsi totalmente dal caos cittadino. Una volta che la sua porta si chiude alle tue spalle, si entra in una quiete che sembra quasi irreale. Come benvenuto ci servono la colazione su una suggestiva terrazza, dove, spiega il proprietario, si può anche cenare. Tutto delizioso. Ci si comincia a rilassare e a fare i piani per andare alla scoperta della città. 

Che cosa c’è da vedere a Marrakech? 

Molto, moltissimo. Dai souk a piazza Djema el Fna, e poi la moschea Koutobia, il Palazzo el Badì, le vie della Mellah, il palazzo Bahia, le Tombe dei Saaditi e il museo Dar Si Said. Un altro edificio interessante da visitare all’interno della Medina è la Medersa di Ali Ben Youssef, una delle più belle scuole coraniche dell’Africa. Da Marrakech è possibile fare anche diverse escursioni, giornaliere nei suoi dintorni, magari verso Ouarzazate, Ourika o alle cascate di Ouzoud, o di più giorni verso il deserto, portandosi dietro una bella felpa perché di notte l’escursione termica si fa sentire. La prima tappa, naturalmente, è la scoperta della Medina. Ci si perde in un dedalo di viuzze e vicolini lastricati e bui su cui si affacciano senza alcuna soluzione di continuità centinaia di negozietti, botteghe di artigiani, fruttivendoli, macellai. Tutt’intorno si muovono migliaia di persone. Chi a piedi, chi in bicicletta. C’è un’unica colonna sonora. Costituita da un sottofondo di urla umane, clacson elettronici, sibili emessi da chissà chi. Un vero delirio.

L’oasi di pace

Poi però si entra appunto nella Medersa di Ali Ben Youssef e ci si riconcilia con tutto quanto ci circonda. Al centro dell’edificio si trova il cortile, nel mezzo del quale si trova il bacino rettangolare per le abluzioni. Le sue pareti sono ricoperte da ricche decorazioni. Lo stesso cortile è percorso da uno zoccolo con i tipici mosaici geometrici di ceramica (zellij). Intorno al chiostro si aprono 132 celle dormitorio riservate agli studenti, disposte su due piani. In fondo al cortile, ecco la Sala di Preghiera. È suddivisa in tre navate da colonne di marmo che sostengono alcuni archi scolpiti con motivi ornamentali e la cupola di cedro, decorata con motivi geometrici. In fondo alla navata centrale si apre la nicchia che, all’interno di una moschea o di un edificio, indica la direzione della Mecca. 

Un salto indietro di secoli

Non si può andare a Marrakech senza visitare almeno una delle sue concerie. Se già entrare nella Medina dà la sensazione di fare un tuffo nel passato, entrando in una conceria sembra di fare un salto indietro di secoli. La prima cosa che ti assale è la puzza: un tanfo che ti prende la gola e sembra sul punto di farti svenire. Niente paura perché c’è il rimedio. La guida fornisce mazzetti di menta da premere sotto il naso e alleviare l’odore. Dentro sembra di essere nel Medio evo. Una lunga teoria di buche ricopre l’intera coorte. La maggior parte sono colme di sterco qui utilizzato per la decalcinazione, un processo che in Europa e in Occidente in generale avviene grazie alla chimica. L’obiettivo è: eliminare la maggior parte della calce attaccata alle fibre della pelle, abbassare il ph e ottenere uno sgonfiamento del derma. Per farlo è necessario l’impiego di acidi forti o deboli.  Qui non usano gli acidi, ma sterco di cane o di uccelli che sono lasciati macerare nelle buche insieme alle pelli in modo che siamo gli elementi acidi dello sterco a dissolvere le sostanze grasse presenti nella pelle. Ci sono operai che si immergono sino alla cintola nello sterco per girare e rigirare le pelli.

Il teatro a cielo aperto

Piazza Djemaa el Fna è il cuore della Vecchia Marrakech. Le agenzie turistiche la definiscono “un vero e proprio teatro a cielo aperto”. Gli attori protagonisti sono diversi. Dai cantastorie agli incantatori di serpenti, dai cartomanti alle disegnatrici di henné, dai mangiatori di fuoco agli artisti di strada. Il proscenio è costituito da un’ulteriore miriade di bazar in cui acquistare prodotti artigianali locali: dai tappeti alle spezie, sino ai gioielli. Al tramonto, i protagonisti cambiano. L’aria della piazza si riempie di fumi e profumi. Di cibo. L’intera area si trasforma in uno dei più grandi ristoranti all’aperto del mondo. Decine di addetti allestiscono bancarelle di carne cotta sulla brace, di pesce, di lumache in umido, di milza imbottita. Non mancano le teste di pecora grigliata sui carboni roventi. Per chi preferisce alimentarsi in maniera meno estrema, uno dei posti più gettonati è il ristorante La Salama, a due passi da piazza Djeema el Fna, che serve un ottimo agnello con cipolle dolci e mandorle accompagnato da cus cus, oppure carni e verdure cotte in tanjine. Piazza Djemaa el Fna, la Medina, l’intera Marrakech ti sazia di odori e colori. Odori e colori che si conservano a lungo nella memoria quando si torna a casa.

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