sabato - 20 Aprile 2024
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I legionari? Né eroi, né assassini ma solo uomini soli

I legionari? Una brutta razza. Fatta di ladri, assassini, stupratori e millantatori, molti millantatori. Millantano un passato che non esiste, per darsi un ruolo, un ruolo che non esiste. Perché cambia giorno dopo giorno, sotto il sole d’Africa. Sono uomini, con tutti i difetti degli uomini e nessun pregio, nemmeno quello dell’amicizia

In questo libro non ci sono eroi, non ci sono battaglie. Anzi, ce n’è una sola, raccontata quando i protagonisti non ne possono più fare a meno. Ci sono storie di individui che vogliono sopravvivere. Soprattutto ai loro difetti. Individui che corrompono e si lasciano corrompere, uccidono e si lasciano uccidere. Tradiscono e si lasciano tradire. Nessuno è da medaglia, nessuno viene insignito della Legion d’Onore.

Uomini in fuga

Non ci sono uomini forti, impavidi. Ci sono uomini in fuga. Da se stessi e dalla loro natura. Non hanno ideali, li hanno persi lungo il cammino che li ha condotti in un piccolo avamposto nel cuore del Sahara. Certo, sembrano trarre un gran godimento nello stare assieme, bevendo finché l’alcol non toglie loro la coscienza delle cose. Ma condividono poco. Qualche puttana, una borraccia di vino, storie inventate nelle notti di luna piena. Poi sono soli.

Affetto in cambio di un pugno di riso

Ed è la solitudine, non la paura di morire in una terra che non è la loro, che li spinge uno nelle braccia dell’altro o nelle braccia di donne che barattano affetto con un pugno di riso. È la noia che li costringe a ribellarsi. La noia alimentata dall’alcol. Solo l’istinto li aiuta a sopravvivere. Si salva quello più furbo, quello che ha affinato, ha adattato la propria indole al susseguirsi degli eventi. O chi di questo adattamento ne ha fatto un’arte sopraffina.

Ogni legionario è un uomo solo

Non è vero che la Legione cancella le barriere sociali e consente di condividere un destino comune. Non esiste un destino comune. Non c’è una dimensione familiare. Sentimenti? Affetti? Non è vero che i soldati ritrovano la compensazione alla perdita dei legami con la propria casa e con la propria terra. Non c’è antidoto alla realtà disumana che li circonda. Il loro cameratismo non rappresenta in alcun modo la reazione immunitaria dello spirito umano contro la sopraffazione della violenza. La loro carica emotiva si esaurisce presto. Emergono i contrasti, i chiaroscuri in cui l’anima di ognuno viene resa visibile da squarci di luce improvvisi.

Società chiusa

Il loro chepì non è simbolo di libertà, ma di una società chiusa, reclusoria, da cui pochi riescono a fuggire. Ma per costoro, dopo aver sopportato una vita in attesa di un nemico che si confonde con l’orizzonte, il ritorno alla ‘normalità’ non è affatto trionfale.

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