Per chi è affascinato dal mito di Leonardo da Vinci, la prima tappa di un viaggio tra i castelli della Loira non può essere che Amboise e l’adiacente Clos. Nel castello di questa città Luigi XI vi visse con la moglie Carlotta e i suoi figli, vi nacque e morì Carlo VIII, Leonardo vi sarebbe sepolto
Da dove cominciare un viaggio alla scoperta dei castelli della Loira? Da Veuves, a metà strada tra Amboise e Blois. Qui seminascosto da un argine del fiume, c’è un ristorante, il Croix blanche, gestito dalla deliziosa signora Sichi. La struttura ha un unico appartamento che la signora Sichi affitta anche per pochi giorni. Silenzio e discrezione sono le parole d’ordine che regolano la vita del posto. Un altro merito di Veuves è che si trova nel cuore del sistema composto dagli château royal della regione. Dista appena 5 chilometri da quello di Blois, ancora meno da quello di Amboise. Poco più lontano si ergono quelli di Chenonceau, di Chambord, di Cheverny e via via tutti gli altri.
Amboise
Per chi è affascinato dal mito di Leonardo da Vinci, la prima tappa non può essere che Amboise e l’adiacente Clos. Nel castello di questa città Luigi XI vi visse con la moglie Carlotta e i suoi figli, vi nacque e morì Carlo VIII (figlio di Carlotta, appunto), Leonardo Da Vinci vi sarebbe sepolto. Ha ospitato anche Caterina de’ Medici durante il tentativo di rovesciare il suo regno da parte degli ugonotti. Il complotto, come si sa, finì in un bagno di sangue. Nel Rinascimento divenne il simbolo della potenza del sovrano di Francia. Strutturalmente è abbarbicato sulle sponde della Loira, dal cui letto dista solo poche decine di metri. Straordinaria è, negli alloggi reali dell’ala voluta da Carlo VIII, la Salle des etats, in cui il re riceveva i diplomatici in visita, gli appartamenti di Luigi Filippo, la Sala dei Tamburini o il Salone Erléan Penthievre. La maggior parte degli interni furono realizzati da artisti italiani che Carlo VIII e poi quasi tutti i suoi successori reclutarono durante le loro campagne militari in Italia. Si rimane incantati dal gusto di ogni manufatto, decorazione o mobile che sia.
Il castello si raggiunge dopo aver percorso una strada selciata a sviluppo elicoidale che porta, deviando leggermente a sinistra, alla cappella di Saint Hubert, patrono dei cacciatori, dove una lapide sul pavimento ricorda che lì sarebbero stati tumulati i resti di Leonardo da Vinci. Il condizionale è d’obbligo perché Leonardo, in un primo momento fu tumulato in una tomba anonima nel giardino di una chiesa lì vicino e solo in un secondo tempo, i suoi resti sarebbero stati trasferiti ad Amboise. Di fronte alla cappella di Saint Hubert, si accede alla balaustra che circonda la terrazza da cui si può godere una magnifica vista sulla valle della Loira e sugli edifici del XV e XVI secolo che circondano con i loro tetti spioventi il palazzo. Un vero spettacolo. Fatto di forme, linee, atmosfere.
Clos Lucé
Usciti dal castello di Amboise, si gira a sinistra e si percorre la strada che attraversa il paese. Lungo la via, particolare curioso, all’esterno delle case sono affisse delle foto che ritraggono gli interni. Alcuni dei quali sono dei veri e propri capolavori: opera della natura in alcuni casi, dell’uomo in altri. Dopo aver camminato per circa quattrocento metri, sulla destra, ecco l’ingresso della magione che Francesco I assegnò a Leonardo da Vinci dopo che il genio fiorentino, in crisi per la morte di Monna Lisa Gioconda e per i dispiaceri che continuavano ad affliggerlo, lasciò l’Italia. Fu nel laboratorio di questa casa che il re di Francia acquisto direttamente dall’autore tre opere che l’artista aveva portato con sé o appena ultimati: la Gioconda, Sant’Anna e la Vergine con il bambino e il ritratto di San Giovanni Battista. Tre capolavori assoluti.
L’edificio, dall’elegante facciata in mattoni rosa, si articola attorno a una torre ottagonale che racchiude una scala elicoidale, e si affaccia su di un grande parco in cui Leonardo amava passeggiare, meditare, osservare la natura e disegnarne i particolari. Si prova una forte emozione quando si entra nella camera da letto dell’artista fiorentino, la stessa che si sente nel laboratorio in cui ultimò il San Giovanni Battista. L’intero edificio è una scoperta dopo l’altra: dall’oratorio di Anna di Bretagna, dove la regina veniva a piangere i figli che aveva perso, alla camera di Margherita Navarra, sorella maggiore di Francesco I, famosa per la sua intelligenza, autrice dell’Heptaméron, opera ispirata al Decamerone di Boccaccio. La visita, dopo aver attraversato le sale settecentesche ricche di arredi in legno dorato e il salone rinascimentale un po’ più spartano, sfocia nel seminterrato dove sono esposti i modellini di molte delle invenzioni di Leonardo: dalla macchina per volare al cannone al vapore, dal ponte girevole alla barca a pale. Poi non rimane altro da fare che ripercorrere i vialetti del parco e, quando la gente sfolla, si ha la sensazione di intravvedere, tra un’essenza e l’altra, la figura di Leonardo.
Chambord
Tracce di Leonardo si ritrovano anche a Chambord, in assoluto uno dei più belli e più grandi castelli della Loira. Secondo molti storici, probabilmente fu realizzato sulla base di un disegno del genio vinciano. Qui si rimane incantati soprattutto dalla struttura architettonica dei torrioni, degli oratori, delle gallerie in cui non manca mai la firma di Francesco I: la salamandra coronata e la F scolpita su centinaia di mattonelle. Le sue origini risalgono al 1519, in seguito alla demolizione del casino di caccia di Francesco I. Leonardo non aveva bisogno di metterci alcuna firma. Basta guardare e poi risalire e scendere la doppia scalinata a elica incrociata, illuminata da una cupola e da un tiburio (elemento architettonico che racchiude al suo interno una cupola proteggendola) attorno alla quale si sviluppa il castello, per “sentire” la sua presenza. La scalinata ha quattro rampe che mettono in comunicazione, senza incontrarsi quattro pianerottoli a croce greca dei quattro piani dei torrioni. Una genialata. E poi, per costruire Chambord fu deviato il fiume Closson, e chi meglio di Leonardo poteva progettare un’impresa simile?
È la dimora reale, allora immersa in immensi boschi, che Francesco I aveva sognato sin da quando era stato designato a prendere l’eredità di Luigi XII. Ha trentadue appartamenti indipendenti tutti arredati in stile rinascimentale in cui Francesco I ospitava la nobiltà francese, i diplomatici in visita, amici e qualche nemico. Durante la visita oltre all’incanto della struttura architettonica, si rimane estasiati quando si entra nella camera della regina con il letto a baldacchino in damasco azzurro, o in quella dello stesso Francesco I in cui dominano il rosso e l’oro. Come il palazzo papale di Avignone e molti altri simboli del potere, anche Chambord ha corso il rischio di essere distrutto durante la Rivoluzione francese. Si è salvato e per ricordarci che l’arte è più forte di qualsiasi rivoluzione.
Chenonceau, il Castello delle Dame
Non si può lasciare la Loira senza aver visitato il castello di Chenonceau detto anche il Castello delle Dame, trasformato da Louise Dupin in uno dei centri di potere più importanti della Francia del ‘700. Chi sono le dame cui si riferisce il nome? Si va da Diana di Poitiers, favorita di Enrico II, a Caterina dei Medici, moglie dello stesso Enrico II, che rimasta vedova non perde nemmeno un minuto per sfrattare la sua rivale. Poi c’è Luisa di Lorena, che alla morte del marito Enrico III si ritira a Chenonceau e lo piange per tutta la sua vita. Di Luise Dupin si è detto. A Margherite Pelouze, figlia della borghesia industriale dell’800 si deve il recupero e il restauro del maniero caduto in rovina. Il personaggio più umile, ma non meno importante, è Simone Menier che durante la Prima guerra Mondiale installò nelle sue gallerie un ospedale.
Strutturalmente, è come se il castello abbracciasse il fiume Cher. Vi si arriva dopo aver percorso un lungo viale costeggiato da canali in cui le alghe sono di un verde vivo. Ad accogliere il visitatore, un piazzale che si affaccia su straordinari giardini (uno di Caterina dei Medici, l’altro di Diana di Poitiers), sormontato da un imponente torrione detto Torre dei Marques. Attraversato il ponte che scavalca il fossato difensivo, ci si trova di fronte a un portone in legno su cui troneggia la salamandra di Francesco I. Poi è tutto un susseguirsi di opere d’arte che lasciano senza fiato. A partire dalla cappella con le sue vetrate e i suoi quadri (La vergine dal velo azzurro, l’Assunzione, la Deposizione e tanti altri) alla camera di Diana di Poiter. Sul soffitto a cassettoni e sul camino di questa stanza sono scolpite le iniziali di Enrico II e Caterina: H per Enrico C per Caterina. E che dire dello Studiolo Verde da cui Caterina, alla morte del marito, governò la Francia? Arazzi, quadri e mobili sono un susseguirsi di meraviglie. Le stesse che si provano nel salone Francesco I e in quello dedicato a Luigi XIV, dominato da un quadro del Re Sole e da un camino in maiolica bianca sormontato dall’immancabile salamandra dorata e coronata di Francesco I. Un altro gioiello è la Camera delle cinque regine, così chiamata in ricordo delle due figlie (la regina Margot ed Elisabetta di Francia) e delle tre nuore (Maria Stuarda, Elisabetta d’Austria, Luisa di Lorena) di Caterina de’ Medici. Qui, il soffitto a cassettoni è decorato con i blasoni delle cinque regine. La camera di Luisa di Lorena lascia il segno. Tutta decorata in nero, è un inno al dolore. Qui si rifugiava a piangere il marito Enrico III, assassinato da un monaco folle.
La sindrome di Stendhal
La Loira non è tutta qui, naturalmente. Però questi sono i castelli che, bene o male, hanno maggiori legami con personaggi a noi più vicini: Leonardo e Caterina de’ Medici. Sono più di sessanta i manieri che punteggiano la valle attraversata dal fiume, visitarli tutti è impossibile. Per raccontarli servirebbe più di un libro. Per chi avesse qualche giorno di vacanza in più, il consiglio e di allargare il giro a quello di Blois, con le sue quattro facciate interne realizzate con quattro architetture diverse, ma internamente ricco come tutti gli altri manieri della zona. A quello di Cheverny (da non perdere la sala da pranzo con le decorazioni del soffitto a cassettoni, la sala degli arazzi e la camera da letto del re, il salone con il camino decorato con un ritratto della contessa di Cheverny, il camino della sala d’armi). Per chi ama i giardini rinascimentali o gotici, la meta giusta è Villandry: ce ne sono per soddisfare ogni esigenza visiva e olfattiva. E infine quello di Azay le Rideau, di Langeais, di Saumir, di Angers, di Chaumont. Ma occhio alla sindrome di Stendhal, può essere fatale.