Dopo qualche giorno in cui i dati erano in calo, tornano a salire i numeri della pandemia da Coronavirus. Il monitoraggio della fondazione indipendente Gimbe rileva, nella settimana 2-8 marzo, un aumento dei nuovi casi (+4.179) nonostante un calo dei tamponi (-8,8%). In 49 province si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente e salgono a 48 quelle con incidenza superiore a 500 casi per 100.000 abitanti. Serviranno 7-10 giorni per capire se la risalita della curva dei nuovi casi è un semplice rimbalzo o l’inizio di una nuova ondata
Sempre secondo Gimbe calano, per fortuna, i ricoveri in terapia intensiva (-116), in area medica (-1.680) e i decessi (-19,3%). Stabile invece la percentuale di popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino (85,5%) e crescono le persone che hanno completato il ciclo vaccinale (83,6%). 4,7 milioni sono le persone senza nemmeno una dose di vaccino e 2,34 milioni di guariti protetti solo temporaneamente.
«Il recente incremento dei nuovi casi – ha sottolineato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – consegue verosimilmente all’interazione di vari fattori: rilassamento della popolazione, diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso, verosimile calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione dopo qualche mese dalla dose booster”.
“In ogni caso, – ha proseguito – al di là delle motivazioni, i dati dimostrano che la circolazione del virus è ancora molto elevata: quasi 40 mila nuovi casi al giorno, oltre 1 milione di positivi e un tasso di positività dei tamponi all’11,4%. Serviranno 7-10 giorni per capire se la risalita della curva coincide con l’inizio di una nuova ondata, con successivo impatto sugli ospedali, o si tratta semplicemente un semplice rimbalzo”.
“Nel frattempo, – ha concluso – indipendentemente dalla scadenza dello stato di emergenza, è pura follia pensare di abbandonare l’utilizzo delle mascherine al chiuso, fondamentali per contenere il più possibile la trasmissione del contagio, vista anche la limitata efficacia del vaccino nel ridurre il rischio di infezione.
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