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Né per donne vittime della violenza, né per papà separati: mancano i soldi per ristrutturare l’immobile confiscato alla mafia

L’edificio, sequestrato a Rocco Agostino, boss della ‘ndrangheta, si trova in via Monti 23, in pieno centro storico  di Corsico

Una delle prime gatte da pelare per la nuova amministrazione di Corsico guidata da Stefano Ventura potrebbe essere la ristrutturazione di un edificio confiscato a Rocco Agostino, boss della ‘ndrangheta, negli anni Novanta. Una vicenda che, da allora, non trova pace.

Si tratta di una palazzina simbolo, confiscata alla mafia alla fine degli anni Novanta e diventata definitivamente patrimonio comunale nel 2002.  Fa parte della quindicina di beni sequestrati alla criminalità organizzata presenti a Corsico, ed è composta da tre appartamenti su tre piani, per oltre 160 metri quadri di superficie. Si trova in via Monti 23, in pieno centro storico.

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Doveva diventare una casa per le donne vittime di violenza. Tanto che, nell’agosto del 2014 la Regione Lombardia aveva accolto la richiesta di finanziamento avanzata dal Comune per ristrutturare l’edificio erogando un fondo di 76mila euro. L’intervento, secondo un progetto preliminare predisposto dall’ufficio tecnico comunale, richiedeva una spesa di almeno centomila euro, forse 130/140 mila. La differenza sarebbe stata versata dalle casse comunali.

Furono organizzate conferenze stampa e redatti comunicati che annunciavano l’iniziativa. Fu anche commesso un errore madornale: in conferenza stampa e nei comunicati fu anche reso pubblico l’indirizzo dell’edificio. Che sicurezza avrebbe potuto garantire alle donne maltrattate una casa di cui si conosce l’ubicazione? Nessuna.

Se ne era parlato anche in un Consiglio comunale aperto tenuto nel novembre 2012 in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e l’allora sindaco   Ferrucci aveva suggerito di dedicarla a Lea Garofalo, “simbolo di una comunità che non gira la testa dall’altra parte e non si assoggetta a chi intimidisce o impone silenzio, ma sa ribellarsi ai sistemi criminali costruendo solidarietà”.

Il problema è che a causa dell’infortunio della pubblicazione dell’indirizzo, il progetto originario fu accantonato. A riprenderlo fu il successore della Ferrucci, Filippo Errante. Invece che alle donne vittime di violenza si decise di destinarla ai papà separati. Si stanziarono i fondi, si diede inizio ai lavori.

Il problema è che messe le mani nella ristrutturazione ci si è accorti che le condizioni dell’edificio, abbandonato dagli anni Novanta sono più ammalorate del previsto (le fondamenta avrebbero problemi strutturali).  Di conseguenza i fondi stanziati per il suo recupero non sono sufficienti. Chiesto al sindaco una dichiarazione, Ventura si è trincerato dietro un “no comment”. “Prima di confermare o smentire la notizia – ha detto – è necessario fare delle verifiche. Quando saranno ultimate, potremo chiarirne tutti gli aspetti ”.

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