venerdì - 29 Marzo 2024
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N’drangheta, nuovo maxi blitz smantella i clan del sud est milanese

L’operazione questa mattina all’alba ha portato in carcere esponenti dei clan calabresi e della mafia siciliana che volevano spartirsi il territorio

polizia-okDecine di agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, da questa mattina all’alba stanno arrestando diverse persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, tentata estorsione, tentato omicidio, ricettazione, porto illegale di armi, furto aggravato, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia e coercizione elettorale, usura, tutti aggravati dalla contestazione della mafiosità. Sin ora in manette sono finite 10 malviventi.

Le indagini svolte dai poliziotti della Squadra Mobile milanese hanno fatto disarticolato la “Locale” di ‘ndrangheta di Pioltello (che ha stretti legami con la Locale di Corsico), feudo indiscusso delle famiglie Maiolo/Manno e sulle attività criminali di un altro malvivente collegato alla famiglia di Cosa Nostra dei Pietraperzia (EN) collegata ai Rinzivillo. L’inchiesta ha permesso di mantellare la “Locale di Pioltello”, già riconosciuta come struttura di ‘ndrangheta nell’ambito dell’operazione “Infinito” scattata il 13 luglio del 2010 che aveva portato all’arresto di 300 persone in tutta Italia, 154 solo in Lombardia.

L’operazione, svolta tra Milano e Reggio Calabria aveva svelato l’esistenza di numerosi gruppi di ‘ndrangheta, sviluppati anche fuori dal territorio calabrese, a partire proprio dalla Lombardia. Il processo che ne è scaturito, iniziato nel 2011, ha permesso di ricostruire la struttura della ‘ndrangheta in Lombardia in almeno sedici comuni lombardi, dove i clan collaborano con professionisti, politici e imprenditori collusi.

In Cassazione, nel 2014, le condanne in via definitiva erano state circa 90. Compreso quella del referente della “Locale” di Pioltello, insignito all’epoca della carica di “capo società”. Dopo aver scontato una condanna ad anni 11 e mesi 4 di reclusione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, il boss era nuovamente operativo e stava cercando di imporre l’egemonia della sua famiglia sul territorio.

Il quadro emerso nel corso delle numerose intercettazioni, dei servizi e degli appostamenti effettuati dagli agenti della 1^ Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile in quest’ultima indagine, è stato quello di una struttura mafiosa pervasiva, legata fortemente ai segni e ai simboli tipici dell’ndrangheta: in due circostanze, la Polizia di Stato ha documentato come uno degli indagati, rivolgendosi a suo nipote, da un lato gli spiegava l’importanza dei legami di sangue che assicurano un’affiliazione “automatica” e, dell’altro, illustrava l’importanza di riconoscere i “segni” dell’ndrangheta in maniera tale da essere in grado di riconoscersi tra appartenenti.

A un membro del clan è stato contestato anche un’ipotesi di tentato omicidio in un episodio che ha visto coinvolti alcuni albanesi per una questione di droga. Episodio, questo, che ha creato una spaccatura nel clan perché una parte di esso non condivideva il comportamento dell’autore del tentato omicidio tanto che reggente della famiglia, aveva proposto di ucciderlo. Ipotesi non realizzata che conferma – secondo gli investigatori – la propensione dell’ndrangheta a mantenere un basso profilo.

Le indagini hanno messo a fuoco la capacità dell’organizzazione di gestire notevoli flussi di denaro provento di illecite attività, flussi che venivano dirottati nell’acquisto e intestazioni di aziende a prestanomi per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. “Un vero e proprio sistema ben collaudato – si legge nel provvedimento dei giudici – in cui, attraverso l’emissione/ricezione di fatture per operazioni inesistenti o con sovrafatturazioni nonché finte assunzioni di dipendenti, si andava a inquinare il tessuto sano dell’economia del territorio conseguendo illeciti guadagni nei settori della logistica e dei servizi funerari”.

Sono stati documentati anche casi di imprenditori che, “instaurando rapporti ai limiti della connivenza”, si sono avvalsi dei servizi offerti da alcuni degli indagati per lucrare sul fronte del costo del lavoro e della manodopera: emblematico è stato il caso di una nota azienda di logistica che operava tramite alcune società cooperative riconducibili agli indagati .

L’attività illecita del clan non si fermava nemmeno di fronte alla pandemia da Covid-19. Durante una intercettazione, infatti, si è scoperto come uno dei figli del reggente della Locale, affiliato con la dote di “sgarrista”, intuendo la possibilità di lucrare sul trasporto delle salme delle vittime del virus, parlando con altro indagato, mentre alla televisione scorrevano le immagini della colonna di salme trasportate dall’Esercito, spiegava come poter, attraverso una società intestata a un prestanome e l’emissione di false fatture, ottenere dei guadagni illeciti nel settore del trasporto feretri.

Affari e politica. Secondo quanto si è appurato il clan ha tentato di influenza il voto per le elezioni comunali locali a favore di uno dei candidati. Emerge infatti  dall’ordinanza del gip di Milano Fabrizio Filice nell’inchiesta del pm Paolo Storari, che il presunto boss della locale di ‘ndrangheta di Pioltello, Cosimo Maiolo, tra i 10 arrestati nel blitz di oggi della Polizia, avrebbe fatto “campagna elettorale” nel 2021 a favore del candidato sindaco per il centrodestra della cittadina Claudio Fina (non eletto) organizzando “un banchetto elettorale” anche per “l’aspirante assessore all’urbanistica Marcello Menni” e “invitando” le comunità di albanesi e pakistani a “votare per Fina e Menni”, anche loro accusati “in concorso” di coercizione elettorale con aggravante mafiosa.

Durante la stessa indagine, è stato chiesto e ottenuto l’arresto di un soggetto, appartenente alla famiglia mafiosa di Pietraperzia (EN) collegata ai Rinzivillo, a cui sono state contestate le ipotesi di usura ed intestazione fittizia aggravate dalla mafiosità: l’uomo, particolarmente attivo nel campo dei prestiti a usura che venivano reinvestiti in beni immobili e mobili, tra cui autovetture di lusso sottoposte a sequestro preventivo, secondo le indagini, avrebbe intrecciato degli accordi di spartizione del territorio con la famiglia di ‘ndrangheta di Pioltello. Le operazioni sono tuttora in corso.

Articolo in aggiornamento

 

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