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La mafia cambia faccia e, oltre alla droga e al gioco, punta al business dei rifiuti e delle mascherine

Sono le conclusioni del rapporto semestrale della Dda presentate in Parlamento e commentate ieri dal prefetto di Milano Renato Saccone

relazione-antimafiaForte presenza di infiltrazioni ‘ndranghetiste in Lombardia anche durante il 2020. Il fenomeno è in crescita. Questo è uno degli elementi che emerge dall’ultimo report nazionale della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), nel quale si sottolineano i dati, raccolti tramite indagini, testimonianze e collaboratori di giustizia, della forte presenza della mafia calabrese in terra lombarda, con una particolare concentrazione proprio nell’area metropolitana di Milano.

Sono numerose le cellule locali presenti, oltre che nella cerchia urbana milanese, a Corsico (locale da cui dipendono Buccinasco e Cesano Boscone), Bollate, Bresso, Cormano, Pioltello, Rho, Solaro e Lonate Pozzolo. Tra le attività principali di queste cellule c’è la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti. Secondo i dati raccolti dalla Dda, la domanda di marijuana, droga leggera e a grande diffusione, si è mantenuta su livelli elevati durante la seconda fase di emergenza della pandemia da Coronavirus.

Segno dei tempi, però, sono anche i settori leciti di business che, secondo il prefetto di Milano Renato Saccone, sono più a rischio d’infiltrazione mafiosa: quello dei rifiuti e quello del commercio di mascherine e dispositivi di protezione individuale. Dai dati emerge infatti che anche se il settore principale resta il traffico di droga, la ‘ndrangheta sta allungando i suoi tentacoli nell’emergenza Covid, nei fondi pubblici, nel gaming, e nel settore carburanti.

Come fossero holding di multinazionali, è il leit motive della relazione, le mafie (Cosa nostra, Camorra, Sacra Corona Unita con ‘Ndrangheta in testa) guardano al futuro dando una nuova immagine di sé, “sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con linee d’azione” di “silente infiltrazione”. Un modus operandi che le permette di stringere ulteriormente i contatti con i colletti bianchi della politica, della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria.

È un quadro desolante quello che emerge leggendo la relazione presentata ieri al Parlamento. Le mafie, spiegano senza mezzi termini gli investigatori, hanno accelerato il “processo di trasformazione e sommersione già in atto da tempo, senza però rinunciare del tutto all’indispensabile radicamento sul territorio e a quella pressione intimidatoria che garantisce loro la riconoscibilità in termini di potere criminale”.

Inoltre, con il prolungamento dell’emergenza dovuta al Covid, “la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale sano” da parte delle organizzazioni criminali “si sarebbe ulteriormente evidenziata”. Gli analisti sottolineano come vi sia ormai una “strategia criminale che, in un periodo di grave crisi, offrirebbe alle organizzazioni l’occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria”.

I dati parlano chiaro con i delitti connessi alla gestione illecita dell’imprenditoria. Infatti, nella relazione si riporta che imprenditori riconducibili ai clan costituiscono società nei paradisi fiscali e creano così un circuito parallelo a quello legale che consente di ottenere non solo ampi guadagni ma anche di riciclare in maniera del tutto anonima enormi quantità di denaro.

Analoghe infiltrazioni ad opera della criminalità organizzata, in prevalenza della camorra e della ‘Ndrangheta, si registrano nel settore del contrabbando di prodotti energetici (oli lubrificanti ed oli base) in virtù dei notevoli vantaggi economici derivanti dalla possibilità di immettere sul mercato prodotti a prezzi sensibilmente più bassi di quelli praticati dalle compagnie petrolifere.

E’ questo uno dei sistemi con sui si creano vere e proprie “sinergie tra mafie e colletti bianchi”. Sempre più spesso inoltre, spiegano ancora gli investigatori della Dia, le mafie ricorrono a pagamenti in criptovalute: i bitcoin e, più recentemente, il ‘Monero’, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”.

Autofficina Vitacar ToyotaFra le mafie italiane, “la ‘Ndrangheta, negli anni, è stata quella che ha sviluppato maggiormente una visione ‘globalista’, che l’ha portata a stabilirsi in molti Paesi e a creare efficaci affinità con i produttori di stupefacenti dell’America Latina, così da poter essere considerata una vera e propria holding criminale del narcotraffico”. La droga è considerata ancora come il primo ‘business’ delle organizzazioni criminali italiane all’estero, che quando si trovano ad avere base in altri Paesi evitano l’uso della violenza, preferendo ricorrere invece alla corruzione.

“L’ambito criminale che a livello internazionale continua ad offrire una maggiore redditività è quello del narcotraffico – si legge nella relazione semestrale della Dia – Al riguardo, negli ultimi anni l’Africa occidentale sembrerebbe essere diventata un importante snodo per i traffici di droga. In particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana rientrano tra i Paesi finiti nelle mire delle mafie, rappresentando al momento cruciali basi logistiche per i narcos”.

birrificio barba d'oroIn questo schema, appunto, la ‘Ndrangheta è leader “avvalendosi di qualificati professionisti, capaci di ‘ripulire’ i capitali illeciti, prevalentemente provento del narcotraffico”. Sempre nella relazione viene ricordato come locali di ‘Ndrangheta sono presenti in tutte le regioni italiane di cui più del 50% sono presenti in Lombardia. Venticinque per la precisione, poi 14 in Piemonte e 3 in Liguria), ma anche in diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania e Malta), nonché in Australia, Stati Uniti e Canada.

Per quanto riguarda la mafia siciliana, la relazione racconta di Cosa nostra che ultimamente sembra avere riaperto le porte ai cosiddetti “scappati” o meglio alle nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all’estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni ’80, che vide l’ascesa dei corleonesi.

Un ruolo importante ha la Stidda la quale è costituita da gruppi autonomi che, inizialmente nati in contrapposizione a cosa nostra, oggi cercano accordi per fare affari insieme, affari illeciti naturalmente. Uno dei “settori” d’interesse mafiosa è quello dell’erogazione di contributi pubblici come nel caso della produzione di energia da fonti rinnovabili, dell’agricoltura e dell’allevamento.

Spesso raggiunge l’obiettivo attraverso il condizionamento degli Enti locali anche avvalendosi della complicità di politici e funzionari infedeli. Va sottolineato anche il crescente interesse criminale per il gaming che è utilizzato come strumento di riciclaggio.

Secondo la Dia è la camorra ad aver maggiormente approfittato più di altre organizzazioni criminali “delle gravi situazioni di disagio” dovute al “protrarsi dell’epidemia da Covid”. Le consorterie che operano sul territorio “sono tra loro autonome ed estremamente eterogenee per struttura, potenza, forme di radicamento, modalità operative e settori criminali ed economici di interesse”.

Queste peculiarità le “contraddistinguono dalle mafie organicamente gerarchizzate come Cosa nostra siciliana e ne garantiscono la flessibilità, la propensione rigenerativa e la straordinaria capacità di espansione affaristica”. Resta “alto l’interesse della criminalità campana verso i settori più remunerativi tra i quali figura quello dei rifiuti. Inoltre, continua a trovare riscontro su più fronti l’ingerenza delle compagini malavitose nel mondo politico-amministrativo “.

Da segnalare infine, un fattore comune: i sodalizi mafiosi, avvalendosi sempre più delle possibilità offerte dalla tecnologia, si stiano orientando verso i settori del gioco d’azzardo (gaming) e delle scommesse (betting) realizzando circuiti paralleli a quello legale allo scopo sia di riciclare, sia di incrementare le cospicue risorse a disposizione.

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