giovedì - 25 Aprile 2024
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Greta:”Io, autistica, non mi pongo limiti”

La storia della prima donna affetta da “disturbo dello spettro autistico” che si è laureata con l’aiuto dei medici della Sacra Famiglia di Cesano Coscone

Greta Foschiera, 29 anni. La sua è una storia straordinaria. Da qualche settimana è stata coronata da un traguardo importante: la discussione della tesi di laurea e la nomina a dottoressa in Comunicazione e didattica dell’Arte. Traguardo superato brillantemente. Eppure, Greta, a causa della sindrome che l’ha colpita, a scuola era incompresa e vessata, come molte delle persone afflitte dal suo stesso male. Lei però non si è arresa. Mai.

Obiettivo raggiunto

Dopo il diploma si è iscritta all’Accademia di Brera e, nonostante pochi credessero che ce l’avrebbe fatta, ha raggiunto il suo obiettivo. Adesso se ne è posto subito un altro: sta cercando un lavoro, e ne è certa lo troverà: «Se mi metto in testa una cosa…». pocketnews.it, su gentile concessione della rivista della Sacra Famiglia, Super Omnia Charitas, pubblica la sua storia. L’augurio è che molti, leggendola, possano riflettere per un attimo sull’autismo e sul modo con cui in Italia ma anche nel mondo si affronta il problema. Non è una malattia infettiva. Chi ne è colpito ha solo bisogno di amore e di cure. Così nessun traguardo può essergli precluso.

Tante legnate

Si può dire tutto di Greta, tranne che si arrenda facilmente, e che prenda bene un “no”. Non puoi essere come i tuoi compagni, non puoi studiare quello che studiano gli altri, non puoi fare la maturità, non puoi iscriverti all’università. Figuriamoci laurearsi. «Hanno cercato di darmi tante legnate, peccato che le so dare più forti io. Non mi hai ancora visto arrabbiata?».

La passione per i cavalli

Non che il percorso di questa ragazza di 29 anni, di Legnano, bionda e con due occhi grandi e intensi e un’enorme passione per i cavalli, sia mai stato facile, anzi. Ma il traguardo della laurea ormai superato la rende raggiante. A modo suo: «Io non mollo una cosa, o la finisco o la finisco», scandisce con i suoi modi diretti, che non lasciano spazio a repliche. E i complimenti che tutti, da Lucio Moderato alle signore delle pulizie, le fanno quando la incontrano la raggiungono appena. Ce l’ha fatta, ed è merito suo innanzitutto. Anche se genitori, amici e Sacra Famiglia le sono stati vicini, aiutandola ad avere fiducia in se stessa e a superare tante difficoltà.

Greta con Adriana Campi, educatrice Sacra Famiglia

Scuola disastrosa

Difficoltà che sono partite con un percorso scolastico  accidentato: le elementari in una scuola Montessori consigliatissima dagli specialisti ma rivelatasi un disastro per lei («L’ultimo giorno della quinta Greta finalmente ci ha raccontato piangendo un incubo durato cinque anni, di cui non sospettavamo nulla», ricorda oggi papà Maurizio), gli anni delle medie e del liceo artistico più sereni ma alle prese con insegnanti non sempre all’altezza.

Sentirsi capiti

«È vero, noi autistici facciamo più fatica», ammette, «ma un professore per insegnare a un disabile, deve essere il più bravo di tutti. Perché noi vi dobbiamo capire e sentirci capiti», sottolinea Greta guardandosi attorno. «Se no non succede niente. Anzi: ci arrabbiamo».

Diagnosi tardiva

Una rabbia che l’ha colta ben oltre la metà del suo percorso universitaio, di fronte all’impossibilità di superare alcuni esami scritti, per lei più complicati degli orali. È a quel punto che arriva in Sacra Famiglia, in cerca di aiuto nell’orientamento al lavoro. E lì riceve, inaspettatamente, a 28 anni suonati, una diagnosi vera e propria: «Non pensavamo all’autismo», spiega mamma Emilia, «perché ci avevano detto che si diagnostica da bambini. Quanto tempo perso….».

Attenzione alle cure

Greta con il dott. Lucio Moderato (quello senza cravatta), e il Direttore Generale di Fondazione Sacra Famiglia dott. Paolo Pigni

«È un’assurdità», interviene Lucio Moderato, Direttore dei Servizi Innovativi per l’Autismo di Sacra Famiglia, «che blocca tanti percorsi, e che fortunatamente oggi si tenta di superare. Greta vent’anni fa sarebbe stata dichiarata psicotica, o schizofrenica. E oggi non saremmo qui a chiamarla dottoressa». Ecco perché l’attenzione nelle cure e nella diagnosi non può essere lasciata al caso.

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