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Cesano Boscone celebra la beatificazione di Rosario Livatino il giudice bambino ucciso dalla mafia

In occasione della cerimonia che si terrĂ  ad Agrigento, organizzata una serata di riflessione su "Mafia e territorio" con Elena Simeti e Giovanni Balestrieri

livatinokDomenica 9 maggio, in occasione della beatificazione del giudice bambino Rosario Livatino, l’Azione Cattolica di Cesano Boscone e la Caritas, in collaborazione con Libera Masseria di Cisliano organizzano un incontro di riflessione su “Mafia e territorio”. Relatori della serata sono Elena Simeti, responsabile di Libera Masseria Cisliano e Giovanni Balestrieri della Caritas.

corsico-ginnastica-1La cerimonia di beatificazione sarà celebrata a partire dalle 10 nella Cattedrale di Agrigento domenica prossima e sarà presieduta dal cardinale Marcello Semeraro. Livatino fu ucciso dalla mafia ad Agrigento il 21 settembre 1990, ad appena 38 anni. Papa Francesco non ha mai nascosto la sua profonda ammirazione: «E’ un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto».

La scelta del giorno per nulla casuale: è l’anniversario dello storico appello alla conversione che San Giovanni Paolo II pronunciò nella Valle dei templi. Il 9 maggio del 1993, da lì, Giovanni Paolo II lanciò la sua invettiva contro i mafiosi: “Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Nel nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrĂ  il giudizio di Dio”.

Il delitto avvenne anche “in odio alla fede” del magistrato – come hanno stabilito le autoritĂ  vaticane. I mandanti furono i gruppi mafiosi di Palma di Montechiaro e Canicattì perchĂ© il magistrato era ritenuto “inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante” tanto che i suoi killer avevano pianificato la sua uccisione davanti alla chiesa in cui quotidianamente il magistrato andava a messa.

Rosario-Livatino-2L’agguato invece scattò lungo la statale che ogni mattina percorreva in auto da Canicattì – dove viveva con i genitori – al tribunale di Agrigento, dove lavorava e si occupava prevalentemente di sequestri e confische di beni sottratti ai mafiosi. Aveva rifiutato la scorta.

Di Livatino molti ricordano il suo impegno civile. Nel 1984 ad un convegno sul ruolo del giudice, per esempio, aveva detto: “Sarebbe sommamente opportuno che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elettorali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento superi di molto in prestigio, potere ed importanza l’ufficio del giudice, effettuassero una irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni definitive dall’ordine giudiziario”. Un preciso segnale su quel che poi ha investito, negli ultimi quarant’anni, la magistratura italiana.

 

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