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Droga ed estorsioni, arrestati i boss del clan Barbaro nel blitz della Guardia di finanza

Rocco Barbaro, 30 anni, arrestato assieme al padre Antonio, 53 anni nell'inchiesta sulle storiche famiglie di 'ndrangheta che si sono radicate nel Nord Italia

 

guardia-di-finanza-2Sono membri del clan Barbaro-Papalia i 13 malviventi arrestati questa mattina durante un blitz condotto da oltre 100 agenti della Guardia di Finanza. Le accuse nei loro confronti vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’indagine, iniziata nella primavera del 2019 e conclusasi oggi con l’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare si è avvalsa delle più moderne tecnologie investigative, le stesse che hanno permesso tramite intercettazioni e video di individuare boss e luogotenenti. “L’ho presa e l’ho messa sul tavolo (un’arma, ndr) … gli ho detto … vedi che ti ammazzo … come ai cani ti ammazzo … e me ne sono andato”. Così raccontava, intercettato, Rocco Barbaro, 30 anni, arrestato assieme al padre Antonio, 53 anni.

Nell’ordinanza di oltre 100 pagine firmata dal gip Raffaella Mascarino si legge: il 12 dicembre 2019, Rocco Barbaro si recò a casa di una persona per riscuotere “un credito” da 20mila euro su una ‘partita’ di droga e dato che il debitore non scendeva perché “intimorito”, con uno “stratagemma riuscì ad entrare nell’abitazione e lo minacciò. Dopo aver poggiato la pistola sul tavolo, gli disse: ‘vedi non voglio arrivare a questo ma tu mi stai portando a queste conseguenze, tu non devi rompere le scatole, vedi che ti ammazzo, come ai cani ti ammazzo”.

Coinvolte anche numerose donne del clan, quasi tutte parenti, mogli, fidanzate di boss e luogotenenti. Secondo gli investigatori si occupavano del prelievo consegna e confezionamento della droga e delle operazioni di conteggio degli incassi. Una di loro dovrà presentarsi davanti alla polizia giudiziaria, altre hanno l’obbligo di dimora nel territorio del comune di residenza.

Testo delle 9,30

Oltre 100 finanzieri sono occupati in un blitz tra alcuni comuni delle province di Milano, Pavia, Reggio Calabria e Torino. È scattato alle prime luci dell’alba di oggi e ha come protagonisti i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza che, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, stanno eseguendo, tra l’altro, 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Milano.

I nomi sono i soliti e ruotano appunto attorno alla cosca Barbaro-Papalia. “L’ho presa e l’ho messa sul tavolo (l’arma, ndr) … gli ho detto … vedi che ti ammazzo … come ai cani ti ammazzo … e me ne sono andato”. Così si raccontava, intercettato, Rocco Barbaro, 30 anni, arrestato assieme al padre Antonio, 53 anni.

Sono così finiti in manette altrettanti soggetti alcuni dei quali contigui a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Platì, radicatesi nel Nord Italia nei territori a cavallo tra le province di Milano e Pavia con propaggini nella provincia di Monza Brianza e nel torinese. Le ipotesi investigative contestate agli arrestati dalla Procura Distrettuale Antimafia milanese vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le Fiamme Gialle, con il supporto dei reparti territoriali, di decine di unità anti terrorismo pronto impiego, l’impiego di unità cinofile e dei mezzi aerei del corpo sono stati impegnati nella ricerca e cattura dei destinatari dei provvedimenti dei giudici anche nella roccaforte di Platì dove i principali responsabili del clan si erano spostati, facendo poi la spola con la Lombardia.

Gli investigatori avrebbero documentato nei confronti di coloro che ritardavano il pagamento della droga minaccie di gravi conseguenze se non avessero saldato i propri debiti nei tempi richiesti. Il clan indagato avrebbe trattato considerevoli quantitativi di stupefacente, del tipo cocaina e marijuana. Nell’attività del gruppo sarebbero coinvolte anche alcune donne, congiunte dei principali indagati, che secondo gli investigatori “hanno dato un contributo reale ed effettivo per la commissione dei reati”.

Infatti, in più occasioni, è stato documentato il loro supporto durante le operazioni di prelievo, consegna e confezionamento della droga e durante le operazioni di conteggio degli incassi. Per una di loro, come per altri due fiancheggiatori del clan, il gip del Tribunale di Milano ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione avanti alla polizia giudiziaria e per un quarto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel territorio del comune di residenza.

Il clan  aveva la disponibilità di armi automatiche (Kalashnikov), rifornite dalla cellula calabrese. Per riciclare le ingenti somme realizzate con il traffico degli stupefacenti, i malviventi avrebbero utilizzato società di servizi ed imprese edili, costituite ad hoc, ma di fatto inattive, che tramite l’emissione di fatture false avrebbero occultato i proventi illeciti sfruttando anche la complicità di alcuni professionisti per presentare bilanci e dichiarazione dei redditi opportunamente “adattati”.

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