
L’omicidio di Charlie Kirk, l’influenser amico di Trump, che lascia la moglie e due bambini piccoli di uno e tre anni, continua a sconvolgere gli Usa e non solo. Si tratta di una tragedia i cui effetti non sono rimasti al di là dell’Atlantico ma sono approdati sulle rive del Naviglio. E la polemica che sta montando rischia di avvelenare ancora di più il clima politico non solo locale.
Un video, un post, e una tempesta politica
A innescare la miccia, in questo caso, è stato un post pubblicato dall’assessore trezzanese Mattia Di Bisceglie, in cui veniva rilanciato un vecchio video del presidente argentino Javier Milei. Il filmato – datato 2024 – mostra il leader sudamericano mentre attacca frontalmente la sinistra radicale con parole durissime, definendola con epiteti come “sinistroidi” e “merde”. Un linguaggio che molti avevano e hanno giudicato inadatto a un capo di Stato, ma che Di Bisceglie ha condiviso sostenendo che rappresenti «un grido di allarme» contro la violenza politica, quella che – a suo dire – avrebbe portato all’omicidio di Kirk.
Immediate le reazioni, a partire dal capogruppo del Partito Democratico, Claudio Albini, che ha condannato con fermezza non solo l’omicidio avvenuto negli USA, ma anche il linguaggio e la scelta del contenuto rilanciato dall’assessore: «Se condanniamo la violenza – ha scritto Albini – allora va condannata anche la violenza verbale. Condividere un video che usa certi termini non contribuisce ad abbassare i toni. Questo è il confronto che vogliamo tra avversari politici? Trattare gli altri come “merde”?» Al suo fianco si è schierato anche Leonardo Bertino, segretario locale del PD, che ha definito il gesto «disgustoso» e «indegno per un rappresentante delle istituzioni».
La replica: “Non parlava del PD, ma degli estremisti”
L’assessore Di Bisceglie, dal canto suo, ha respinto ogni accusa di istigazione all’odio. «Il video non è un attacco al Partito Democratico, ma a quelle frange estremiste che non sanno più argomentare e decidono di mettere a tacere gli avversari… per sempre. Albini – ha concluso – ha voluto strumentalizzare il mio post, contribuendo proprio a quel clima velenoso che dice di voler combattere». In una dichiarazione rilasciata a pocketnews.it, Di Bisceglie ha rincarato la dose: «Il vero problema è che ieri è stato ammazzato un padre di famiglia e alcuni esponenti di sinistra hanno gioito. Questo clima di terrore sta arrivando anche in Italia. Sembra di rivivere il preludio degli anni di piombo».
Un campanello d’allarme da non ignorare
L’episodio, sebbene nato da un fatto tragico avvenuto a migliaia di chilometri di distanza, riporta così al centro del dibattito il rischio concreto di un’escalation di violenza – verbale e non – anche nella politica locale. Le parole, specie quando pronunciate o rilanciate da figure istituzionali, non sono mai neutre. Possono generare confronto, ma anche divisione; possono costruire ponti o scavare fossati.
In un tempo in cui la fiducia dei cittadini nelle istituzioni è fragile, e in cui la radicalizzazione delle posizioni sembra guadagnare terreno, occorre che tutti – maggioranza e opposizione – si interroghino sul linguaggio, sui toni e sulle responsabilità che ogni dichiarazione porta con sé. Condannare la violenza politica non può fermarsi a una parte sola. Ma neppure si può tollerare che la violenza verbale, giustificata da rabbia o dolore, diventi nuova normalità nel dibattito pubblico. Perché l’odio, anche quando comincia da uno schermo, trova sempre il modo di uscire dalle tastiere.