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Rozzano, il “caso” della villa espropriata al boss del narcotraffico arriva in Parlamento

Lo sfratto della villa di via Molise 5, che rischia l’abbattimento, è al centro di una interrogazione sottoscritta dall’onorevole Stefania Ascari

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Una volta era il covo di un boss del narcotraffico, Mario Adduci, membro di Cosa nostra. Espropriata, era diventata un luogo di aggregazione di alcune associazioni di volontariato. Oggi potrebbe diventare un “caso” nazionale. Lo sfratto della villa di via Molise 5, a Rozzano, villa che rischia l’abbattimento, è al centro di una interrogazione parlamentare sottoscritta da Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 stelle. Lei, come tutti coloro che in questi ultimi anni si sono adoperati all’interno dell’immobile e lo hanno reso un punto di riferimento della lotta alla cultura mafiosa, vorrebbero sapere che fine farà.

Abbatterla e ricostruirla

E sì, perché la giunta di centrodestra che governa Rozzano, dopo aver valutato i costi della sua ristrutturazione, ritenuti troppo alti, ha deciso di abbatterla e ricostruirla ricorrendo ai fondi del Pnrr. Per destinarla a cosa? Al sociale. A ospitare famiglie in difficoltà, far fronte all’emergenza abitativa che a Rozzano è una vera e propria piaga e al contrasto alle povertà. I due fronti, le associazioni antimafia e l’amministrazione comunale da tempo si guardano in cagnesco. Le prime, lo scorso 23 settembre hanno organizzato una mobilitazione in difesa della villa. La seconda continua imperterrita sulla sua strada.

Eliminare un simbolo di lotta alle mafie

A capo della protesta c’è il comitato Molise 5 secondo il quale demolire l’immobile “vuol dire eliminare un simbolo di lotta alle mafie, un simbolo di legalità”. “Dopo più di dieci anni di abbandono e degrado, – sottolinea Ilaria Nuzzi – la villa sta lentamente rinascendo come laboratorio di partecipazione e spazio rivolto all’educazione alla legalità, con un forte valore sociale, sede di spettacoli, concerti, mostre, dibattiti, feste, corsi e laboratori autogestiti”. Non solo: “Per i tre istituti comprensivi di Rozzano (Calvino, Barozzi Beltrami, Monte Amiata) è previsto un percorso di educazione alla legalità, all’ambiente e all’alimentazione. Un laboratorio rivolto a circa 400 alunni che potranno così conoscere un bene del proprio territorio confiscato alla mafia, scoprire il valore del prendersene cura e imparare con la pratica come cresce il cibo che mangiano.”

L’ok della commissione

“Non c’è ancora un progetto” accusano quindi quelli del comitato. “Qualcuno teme di perdere il suo giocattolo – rispondono da piazza Foglia – Il progetto è pronto. Lo abbiamo presentato ai responsabili dei finanziamenti del Pnrr ed è stato approvato. Ha ottenuto anche il via libera dalla commissione che si occupa di assegnare i beni confiscati alla mafia. Creeremo un centro per il contrasto alle povertà con sportelli dedicati e, al primo piano, due appartamenti da destinare all’emergenza abitativa. Si tratta di una iniziativa di un valore sociale senza pari che è stato votato all’unanimità anche dal Consiglio comunale di Rozzano”.

Due “visioni”

Adesso la palla è stata lanciata all’interno del Parlamento. L’impressione, però, è che l’interrogazione presentata da Stefania Ascari non possa spostare di un solo millimetro le scelte fatte. Comunque, il fortino del narcotraffico confiscato ai clan rimarrà un bene al servizio della collettività. Resta da capire quale delle due “visioni” (sede di associazioni o sportello contro le povertà) sia più necessario in una realtà come Rozzano.

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