Le indagini si erano subito indirizzate in direzione di un gesto doloso, confermato dal ritrovamento in prossimità del capannone di un guanto monouso strappato e materiale infiammabile utilizzato per appiccare il fuoco. I carabinieri avevano anche valutato la possibilità di una matrice criminale legata alla criminalità organizzata nel settore dei rifiuti.
Dall’analisi dei filmati di videosorveglianza delle telecamere installate nell’area, i militari hanno notato un individuo vestito di scuro che, verosimilmente dopo essersi introdotto all’interno del capannone ed aver appiccato il fuoco (dalle immagini è infatti già evidente la colonna di fumo), aveva scavalcato il muro di recinzione gettando, prima di dileguarsi, qualcosa nel cestino. Tipico delle operazioni da manovalanza del racket.
Invece, le testimonianze di alcuni dipendenti dell’azienda hanno permesso di identificare l’indagato che, licenziato dalla società solo pochi mesi prima, si era reso protagonista di atteggiamenti molesti e minacce ai danni dell’ex datore di lavoro.
I sospetti sono stati poi confermati quando gli inquirenti, spulciando il suo profilo social hanno trovato una foto in cui l’uomo indossava gli stessi pantaloni dell’autore dell’incendio. Così, durante una perquisizione domiciliare è stato scoperto un paio di pantaloni della tuta neri con alcuni segni bianchi, una felpa con cappuccio di colore nero con strisce orizzontali, un cappellino da baseball nero, un paio di scarpe sportive nere ed un marsupio grigio, tutti perfettamente compatibili con gli indumenti indossati dall’autore dell’incendio. La conseguenza sono state le manette.