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Rozzano, parla l’ex sindaco D’Avolio: “Per battere Ferretti ci vuole una grande coalizione di centrosinistra”

Dopo un processo per corruzione risolto con un "non luogo a procedere", l’ex primo cittadino torna alla ribalta della politica locale in vista delle amministrative del prossimo anno

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Nella foto, Massimo d'Avolio ex sindaco di Rozzano
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Nella foto, Massimo d’Avolio ex sindaco di Rozzano

Rispetto a quattro anni fa ha un aspetto più rilassato. Probabilmente è il risultato della conclusione dei procedimenti penali che lo hanno visto sul banco degli imputati prima con l’accusa di ricettazione, poi di corruzione. “Non luogo a procedere” è la formula che ha messo fine alle sue tribolazioni. Massimo D’Avolio, sindaco di Rozzano per due legislature, è pronto a tornare in pista. Dopo essere emigrato in Articolo 1 è rientrato nel Pd e a ricominciato a tessere la sua tela per riportare il partito democratico alla guida della città. Ci riuscirà? Forse, perché Gianni Ferretti, l’attuale primo cittadino, e le sue truppe, sono un osso duro da masticare. Il ritorno è “certificato” da questa intervista rilasciata a pocketnews.it

– L’indagine del 2015 conclusa con un “non luogo a procedere”: perché non aveva commesso i reati che gli attribuivano o perché caduti in prescrizione?
“Secondo i giudici che mi hanno giudicato, l’ipotesi di reato di cui mi avevano accusato, cioè la ricettazione, non era provata. Hanno quindi chiesto al Pubblico ministero di indagarmi per corruzione. Per tre volte hanno cambiato il capo d’imputazione (da abuso d’ufficio a ricettazione a corruzione). Alla fine hanno deciso di non procedere, anche perché alcuni reati, se fossero stati commessi, erano caduti in prescrizione”.

– Si è così concluso un periodo drammatico della sua vita…
“Per me e la mia famiglia non è stato semplice. Eravamo reduci della morte di un figlio. Ma io ho sempre avuto fiducia nella magistratura”

– Torniamo alla gestione della città. Cosa di poteva e doveva fare per evitare il fallimento di Api?
“Mai capito perché sia andata in quel modo. Si potevano trovare e adottare soluzioni diverse. Non do giudizi su Barbara Agogliati. Lei non mi ha mai coinvolto in una sola scelta che riguardi Api, non mi ha mai coinvolto su nulla, si muoveva in autonomia. Al contrario di quel che si pensa, non ero io che la gestivo. Non ero io il suo puparo”

– Chi era?
“Non lo so. Io ho cercato di non interferire e le ho lasciato la facoltà di decidere senza favorire o contrastare le sue scelte”

– Di chi sono allora le responsabilità?
“Barbara ha scelto un percorso che andava in quella direzione, fose consigliata dai suoi legali. Probabilmente c’è stato anche il tentativo di far saltare tutto organizzato dal centrodestra: dopo aver fatto fuori D’Avolio, volevano eliminare politicamente Agogliati. Il braccio armato è stato Marco Masini. Lo stesso che ha fatto campagna elettorale per Ferretti e poi è stato messo a capo dell’Ama dallo stesso Ferretti con risultati a dir poco discutibili”

– Quali le sue di responsabilità?
“Nessuna, lo ripeto: ho lasciato mani libere a chi in quel momento aveva il compito di risolvere una situazione che si era fatta difficile”

– Ama era, e forse ancora è, considerato un carrozzone all’interno del quale parcheggiare gli amici degli amici in attesa di incarichi istituzionali più prestigiosi. Era davvero, o è, così?
“Io personalmente non ne ho mai piazzato alcuno. C’è sempre stata piena autonomia del consiglio di amministrazione. Quando cambia il gestore di un’azienda è normale che porti la sua squadra. L’importante è la qualità e la capacità di organizzarsi di chi arriva. Per esempio, nei miei due mandati ho lavorato con Miriam Pasqui, Salvatore Rizza, Danila Pinardi, Errigo Gaeta, sul sociale, commercio, scuole, lavori pubblici. Si tratta di persone che hanno ben operato. E non lo dico io, ma la città”

– Alle elezioni di quattro anni fa si era candidato con “Articolo uno” e poi aveva stretto un’alleanza con Città Nova, di Francesco Belluscio, una combinazione che nelle urne non ha dato i frutti desiderati. Anzi, le polemiche non sono mancate. Cosa si aspettava? Era solo un modo per sparigliare le forze in campo?
“È stato un errore. Con Belluscio di siamo chiariti: si è reso conto che non ero io che non funzionavo. Purtroppo c’era stata una rottura traumatica all’interno del Pd, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale”.

– Siete stati voi a far perdere le elezioni all’ex sindaco Barbara Agogliati, visto lo scarto minimo, un paio di centinaia di voti, con il quale ha prevalso Ferretti?
“I miei quattrocento elettori non avrebbero mai votato per l’Agogliati. Al secondo turno, i miei non sono andati a votare. Il vero elemento di rottura è stato Marco Macaluso. Da ex segretario del Pd si è presentato con una lista civica che ha preso, credo, 1500 voti che poi ha dirottato su Ferretti”.

– Lei aveva deciso di lasciare il Pd perché si era sentito tradito. La stessa Barbara Agogliati, da molti considerata il suo delfino, non l’aveva difesa, l’aveva abbandonata lasciandola al suo destino. Aveva detto: “Un rinvio a giudizio non è una condanna, ma non è neanche un semplice avviso di garanzia. Le accuse sono purtroppo di una certa serietà”. Le rimprovera qualcosa?
“No! Probabilmente aveva accanto persone che l’hanno consigliata male. Ha fatto quello che ha voluto, si è tenuta anche Gianfranco Sgambato come dirigente di Ama, nonostante fosse stato coinvolto nell’inchiesta che ha riguardato me”.

– Oggi è rientrato nel Pd. Quale Pd, visto che a Rozzano sembra essere un partito allo sbando: in tre anni ha cambiato tre segretari passando da Fiorella Imprendi a Mirko Pillitteri, un ragazzino, a Oscar Bersi, uomo di maggior esperienza?
“Il congresso locale del partito, in linea con le scelte del segretario nazionale del Pd, Elly Schlein, ha individuato un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente. Oscar Bersi è stato già mio assessore. Proviene da Rifondazione comunista. La sua scelta è stata positiva, ha dato la scossa e, finalmente, il partito è tornato ad ascoltare la gente”

– Lei ha detto in una recente intervista che una sua eventuale candidatura dovrebbe avvenire tramite l’indizione di primarie. Proprio in un momento in cui sembra che il partito democratico sta decidendo di abbandonarle?
“Non è vero! A Cesano Boscone si fanno. Si fanno anche in molti altri comuni. Perché no a Rozzano? Starei attento a dire che le primarie sono una scelta sbagliata. Visto che i 5stelle hanno deciso di correre da soli, credo che si possa costruire una grande coalizione con Sinistra italiana e Verdi. Dovremo aggregare anche la società civile. Salvatore Rizza, per esempio, sta organizzando una lista civica, Davide Gentilini ha firmato un documento nel quale si richiedono le primarie. Non voglio accordi presi nelle segrete stanze”.

– Cosa succederebbe se le vincesse?
“Assieme a tutti coloro che avranno partecipato mi avvierò su un percorso di condivisione su contenuti e candidati. Se dovessi perderle sarò comunque nella lista del Pd a dare una mano a chiunque le vincerà. L’unità è fondamentale, se si vuole battere Ferretti”.

– Crede che gli esponenti del Pd locali, quelli che “hanno attraversato il deserto” in questi quattro lunghi anni la lasceranno partecipare senza combattere?
“Saranno parecchi coloro che si opporranno, ma poi dovremo trovare l’unità”.

– Oggi, tra le altre questioni sul piatto della politica, ce ne sono una vecchia e una nuova: la vecchia riguarda ancora il teleriscaldamento (alcuni sono convinti si tratti di un regalo della giunta Ferretti all’attuale gestore), la nuova, lo stadio dell’Inter sulle proprietà Cabassi. Qual è la sua posizione su entrambe le questioni?
“Io non avrei affidato per trent’anni la gestione del teleriscaldamento a una società che non sta brillando per efficienza: non ha emesso bollette per più di un anno, non c’è un interlocutore, c’è molta confusione. Sullo stadio, direi che è una questione che va condivisa nell’ambito del governo del territorio. Una società privata non può decidere passando sopra le scelte di Parco Sud e Città metropolitana. Si tratta di un argomento che era già emerso nel 2010. Il dottor Fassone lo aveva proposto, noi decidemmo di destinare quell’area al residenziale e commerciale. Si tratta di un terreno incastrato in un sistema minuscolo già afflitto da molti problemi. Le domande da farsi sono molte. Le principali riguardano chi risolve la viabilità, quali sono i benefici per la città, a chi affidare l’ordine pubblico, a chi la sicurezza sulla viabilistica, visto che il numero degli agenti di polizia locale già ora è insufficiente?”.

– Che lavoro ha fatto negli ultimi cinque anni?
“Ho lavorato con la cooperativa “Vesti solidale” della galassia Caritas e aiuto mio figlio nella gestione di un’azienda agricola dedita all’allevamento del Lagotto Romagnolo, un cane molto apprezzato dai cercatori di tartufi. Abbiamo clienti in tutta Europa. Se la domanda sottintende se sto cercando un lavoro, la risposta è: no! non lo sto cercando”.

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