La scelta del giorno per nulla casuale: è l’anniversario dello storico appello alla conversione che San Giovanni Paolo II pronunciò nella Valle dei templi. Il 9 maggio del 1993, da lì, Giovanni Paolo II lanciò la sua invettiva contro i mafiosi: “Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Nel nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”.
Il delitto avvenne anche “in odio alla fede” del magistrato – come hanno stabilito le autorità vaticane. I mandanti furono i gruppi mafiosi di Palma di Montechiaro e Canicattì perché il magistrato era ritenuto “inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante” tanto che i suoi killer avevano pianificato la sua uccisione davanti alla chiesa in cui quotidianamente il magistrato andava a messa.
Di Livatino molti ricordano il suo impegno civile. Nel 1984 ad un convegno sul ruolo del giudice, per esempio, aveva detto: “Sarebbe sommamente opportuno che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elettorali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento superi di molto in prestigio, potere ed importanza l’ufficio del giudice, effettuassero una irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni definitive dall’ordine giudiziario”. Un preciso segnale su quel che poi ha investito, negli ultimi quarant’anni, la magistratura italiana.