Home News Corsico Anniversario della strage di Piazza Fontana: Corsico si dimentica delle “sue” vittime

Anniversario della strage di Piazza Fontana: Corsico si dimentica delle “sue” vittime

Nessun cenno da parte delle istituzioni locali su due corsichesi protagonisti delle vicende legate all’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura: Luigi Meloni, ucciso dall’esplosione, e Cornelio Rolandi, il tassista che ha accusato Pietro Valpreda di esserne l’autore

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Nella foto, una manifestazione dei parenti delle vittime della strage di Piazza Fontana e, nel riquadro, Luigi Meloni, vittima corsichese dell'attentato
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Nella foto, una manifestazione dei parenti delle vittime della strage di Piazza Fontana e, nel riquadro, Luigi Meloni, vittima corsichese dell’attentato

Luigi Meloni, agricoltore e commerciante di bestiame. Cornelio Rolandi, tassista. Sono due delle vittime della strage di piazza Fontana che, dopo 55 anni dallo scoppio della bomba nella filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, vivevano a Corsico. Una Corsico che li ha dimenticati, visto che nessun cenno sulle celebrazioni dell’anniversario è arrivato dalle istituzioni locali. Dimenticati, cancellati dalla memoria della città.

Il primo fu dilaniato dall’esplosione, il secondo morì di crepacuore due anni dopo la strage portandosi dietro i suoi segreti: era il teste che dichiarò di aver accompagnato Pietro Valpreda in Piazza Fontana. Grazie alla sua testimonianza, l’anarchico milanese trascorse anni in carcere. Entrambi erano personaggi conosciutissimi in città. Luigi Meloni aveva una figlia che aveva sposato Luigi Passera, altro corsichese doc, per anni presidente della sezione cittadina dell’Anpi, l’associazione nazionale partigiani. E della strage di Piazza Fontana, Passera era un profondo conoscitore. A lungo è stato anche presidente dell’associazione dei parenti delle vittime dell’attentato, fondata da Fortunato Zinni, dipendente della Banca Nazionale dell’Agricoltura, presente nella filiale e sfuggito alla morte solo per miracolo.

Quel maledetto venerdì 12 dicembre del 1969, al momento della deflagrazione, la banca era piena di gente: imprenditori agricoli, coltivatori diretti, allevatori, fittavoli, mediatori e commercianti di mangime, provenienti per la maggior parte dalla provincia di Milano che, come tutti i venerdì, si riunivano lì per incontrarsi e per concludere affari. Le conseguenze furono terribili: diciassette morti, più di ottanta feriti. Il corsichese Luigi Meloni aveva accompagnato un suo amico, Oreste Sangallo abitante in via Merula a Milano, che si occupava della gestione dell’Azienda agricola Ronchetto, che sorgeva ai confini di Corsico, di cui in particolare curava la compravendita del bestiame. Era loro abitudine ritrovarsi il venerdì nell’istituto di credito milanese.

Nello stesso pomeriggio furono compiuti altri attentati terroristici: un ordigno inesploso fu rinvenuto alle ore 16, 25 nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana in Piazza della Scala, gli agenti di polizia e gli artificieri intervenuti fecero brillare il congegno esplosivo. Altre tre bombe vennero collocate a Roma. Una nel piano seminterrato della Banca Nazionale del Lavoro sita in Via Veneto; esplose alle 16, 55 causando ingenti danni ed il ferimento di quattordici persone. Alle 17,22 scoppiò un altro ordigno collocato sotto il pennone della bandiera dell’Altare della Patria vicino al sacrario del milite ignoto, i feriti furono quattro. Un’altra bomba deflagrò sempre nei pressi dell’Altare della Patria ma dalla parte opposta, sui gradini del Museo del Risorgimento: i battenti del portone del Museo vennero scagliati a diversi metri di distanza, crollò il soffitto dell’Ara Coeli ma, fortunatamente nessuna persona restò ferita. In tutto furono cinque gli attentati terroristici commessi nel pomeriggio dello stesso giorno – concentrati in una lasso di tempo poco inferiore ad un’ora – con l’obiettivo di colpire contemporaneamente le due maggiori città italiane: Roma e Milano. A causare un massacro fu solo la bomba di piazza Fontana

Massacro in cui emerse la figura controversa di Cornelio Rolandi che puntò l’indice contro Pietro Valpreda. Immediatamente dopo il verificarsi della strage, le indagini erano già orientate verso il mondo anarchico. L’indizio più grave nei confronti del ballerino era costituito proprio dalla testimonianza di Cornelio Rolandi. Il tassista sostenne che, nel pomeriggio in cui era avvenuta la strage di Piazza Fontana, pochi minuti prima della deflagrazione, aveva fatto salire sul suo taxi a Piazza Beccaria un uomo con una borsa in vinilpelle nera con cerniera il quale aveva detto che doveva recarsi presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura26. Giunti nei pressi di Piazza Fontana (angolo Via Santa Tecla) l’uomo sarebbe sceso dal taxi per poi – dopo tre o quattro minuti – farvi ritorno, senza la borsa, chiedendo di essere accompagnato in Via Albricci dove era sceso.

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Rolandi, dopo aver fornito un identikit agli inquirenti, il 16 dicembre 1969, fu portato a Roma al Palazzo di Giustizia dove fu invitato a procedere ad un “confronto all’americana” per riconoscere l’uomo che era salito sul su taxi nel pomeriggio del 12 dicembre 1969. Gli vennero posti davanti cinque uomini, Valpreda e quattro “comparse”27. Il tassista indicò nel ballerino anarchico la persona entrata nel suo taxi il giorno della strage. In realtà, immediatamente dopo il riconoscimento, sorsero alcune polemiche riguardo la testimonianza. Prima del riconoscimento gli sarebbe stata mostrata – dai Carabinieri e dal Questore Guida – una fotografia di Valpreda, procedura vietata perché in grado di condizionare fortemente colui che deve procedere
nell’individuazione della persona sospetta.

Inoltre, tenuto conto della brevissima distanza tra Piazza Beccaria e Piazza Fontana, non si comprendeva il motivo per cui Valpreda avrebbe deciso di prendere un taxi con il conseguente rischio di essere riconosciuto. Rolandi era manovrato dai servizi segreti? Era un agente provocatore? È morto per un attacco cardiaco nel luglio del 1971. Di certo è stato uno dei protagonisti degli eventi successivi alla strage. Corsico, assieme a Roma e forse Milano, può essere considerata una delle capitali dei segreti ancora irrisolti sulla strage di Piazza Fontana. Peccato che da via Roma, sede del Comune, si siano completamente dimenticati (nesuna manifestazione, nessun cenno sui canali di comunicazione istituzionali) del ruolo che due suoi cittadini hanno avuto: uno come vittima innocente, l’altro come testimone forse manovrato da chi aveva interesse affinché la verità rimanesse seppellita sotto le macerie della banca.

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