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Ginetta Capitolino, una insegnante a piedi nudi sul palco di Sanremo

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Ginetta Capitolino fotografata nella sua casa di Roxzzano

Artista e maestra di musica alla Scuola Primaria “Gobetti” di Trezzano, ha guidato il gruppo che ha vinto la sezione canora al recente Festival mondiale della creatività scolastica di Sanremo

Vive a Rozzano e dice: “L’eccellenza è in ogni bambino” Casa sua non può essere scambiata per un’altra: strumenti musicali piccoli e grandi ovunque, colonne di dischi e cd, spartiti sul tavolo del salone, pure le note musicali sulla tazzina di caffè che offre al cronista.

“Ginetta”

Oltre a essere un’insegnante di musica, Luigia Capitolino, per tutti Ginetta, è un vulcano in movimento. E’ originaria di Sapri, ma della Campania sembra avere ereditato soprattutto i Campi Flegrei. Erutta di continuo idee, parole, note e battute, musicali e umoristiche. Non a caso, poco più di due mesi fa ha guidato un gruppo di alunni della Primaria “Gobetti” di Trezzano sul Naviglio, delle sezioni “Malibran” e “Manzoni”, alla vittoria nel Gef, il Festival mondiale della creatività scolastica, sezione musica per bambini, di Sanremo.

Quindi lei afferma che la musica nella Primaria è importante?
“Cito un motto del grande maestro Riccardo Muti: “Insegnare la musica ai bambini è un dovere etico”. Tutti, compreso gli insegnanti che non sono specializzati in questo campo, dovrebbero sentire la necessità di sviluppare un ulteriore linguaggio, che non è soltanto comunicazione ma è anche introspezione, un approfondimento sulle proprie emozioni.”

D’ora in avanti, quando si dovrà sintetizzare la didattica nella Primaria si dovrà dire: saper leggere e scrivere, far di conto, cantare e musicare uno strumento…
“Non vorrei correre il rischio di dire una banalità, ma studiare la musica può migliorare addirittura l’apprendimento delle altre discipline. La musica è così versatile, nelle trasversalità, che ricorre spesso in qualsiasi materia.”

Faccia degli esempi!

“Partiamo dall’italiano. Quando un alunno legge, cosa fa? Va a ritmo, segue l’espressione della frase, si ferma quando incontra la punteggiatura, inspira ed espira. Questa è musica. Passiamo alla matematica: la musica si basa sulle sue regole, tipo le frazioni piuttosto che la creazione delle triadi dell’armonia. Tutti calcoli matematici. L’educazione motoria? La musica aiuta tutto il corpo ad assecondare il ritmo del movimento. E poi: la musica ha accompagnato l’uomo fin dalle sue origini, pertanto è storia. Potrei continuare ancora.”

Va bene così. I più piccoli imparano con maggiore facilità rispetto agli adulti?
“Quando qualcuno mi dice: “io sono stonato, non sono portato per la musica”, sta dicendo una grande baggianata. Ognuno di noi nasce con delle conoscenze intrinseche che non aspettano altro di essere portate fuori. Il senso del ritmo fa parte del nostro dna, pensi al bimbo che nel grembo materno sente il battito del proprio cuoricino. I bambini hanno più entusiasmo nell’imparare la musica, perché a loro la musica piace e attira; i grandi hanno già delle sovrastrutture mentali, dunque si appassionano meno. Ciò non significa che imparino meno di figli e nipoti. Certo, non possono pensare di diventare dei concertisti, ma possono godere dei benefici che la musica dà, sia in termini di esecuzione, che di ascolto.”

Com’è arrivata all’Istituto “Gobetti” di Trezzano sul Naviglio?
“Nel 2016, ho vinto il concorso ordinario per docenti di Scuola Primaria e ho scelto il “Gobetti” per ragioni logistiche, in quanto l’istituto era vicino alla casa dove prima abitavo. Essendo abilitata all’insegnamento della lingua Inglese, mi venne proposto proprio quello. Nel corso del primo colloquio in dirigenza, presentai con molta sincerità le mie competenze oltre a quelle sulla lingua straniera. Sono stata poi accolta con molto affetto dalla dirigente scolastica, che mi ha dato la possibilità di insegnare musica, sfruttando una risorsa che mancava da tempo nel nostro istituto.”

Competenze che si sono tramutate in esperienze, come la partecipazione al Festival mondiale della creatività scolastica di Sanremo e la vittoria, nel maggio scorso, nella categoria degli alunni di Primaria. Com’è andata?
“In inverno, ho accennato alla dirigente scolastica la possibilità di partecipare a questo concorso. Laura Longo non mi ha fatto neanche finire di parlare e mi ha detto: “Andiamo!” Lei è una persona estremamente positiva, piena di entusiasmo. Con lei formiamo una congiunzione astrale. Io mi sono occupata di selezionare e di preparare gli alunni insieme al docente Mauro Dignitoso, perché non potevamo pensare di portare a Sanremo circa 300 alunni, mentre la dirigente Longo si è occupata dell’organizzazione della missione. Formato il gruppo di 80 elementi, per loro soprattutto sono trascorse settimane di grande sacrificio, perché hanno dovuto studiare due canti a più voci, la postura da tenere sul palco e così via. A prescindere dal risultato, alla fine è stata una grande esperienza didattica e comportamentale per tutti i partecipanti.”

Com’è esibirsi sul palco del Teatro Ariston?
“Anche la pedana della sala Morona del nostro istituto suscita emozioni, se hai di fronte un pubblico. Se uno si esibisce, l’adrenalina e la grande energia scorrono sempre, qualunque sia il posto dove si trovi. Non importa avere di fronte dieci o mille persone, uno che esibisce la propria arte dimostra a se stesso che quella che ha percorso fino a quel momento è la strada giusta.”

Allora forse è questo il segreto delle esibizioni delle sue classi, a Natale e a fine anno? Dicono che i genitori siano più contenti dei loro figli…
“Il palco è come il mare: lo devi rispettare. Il palco può essere anche un’aula scolastica, dove l’insegnante va in scena e dà il meglio di se stesso. I genitori sono contenti, perché vedono contenti i loro bambini, ognuno dei quali è sempre felice di dare il meglio di sé. Una delle competenze chiave europee per l’apprendimento è l’imprenditorialità, intesa come spirito di iniziativa. Così insegniamo agli alunni, per esempio, ad affrontare le difficoltà della vita, i tanti esami che dovranno sostenere.”

Lei sale sul palco a piedi nudi, perché?
“Mi sento un’artista, perciò ho anch’io delle piccole scaramanzie. Ricordo che, tanti anni fa, prima del debutto come corista sul palco del teatro Rendano di Cosenza, come buon augurio la direttrice del coro mi donò un chiodo storto. Prima dei vari spettacoli, tutti gli artisti tendono a indossare lo stesso abito, un determinato braccialetto, ripetere gli stessi gesti. A me è successo prima di un concerto gospel di Natale con i miei alunni: non essendo convinta dell’abbinamento abito-scarpe, mi tolsi queste ultime e decisi di salire scalza sul palco. Il concerto andò benissimo e da allora, ogni volta che dobbiamo esibirci, io tolgo le scarpe. Oltretutto, è anche comodo. Il bello è che nell’ultimo concerto di fine maggio, anche gli alunni delle quarte classi hanno voluto imitarmi. Tutti scalzi sul palco.”

Qual è la scuola ideale per la maestra Ginetta?
“E’ una scuola priva di retorica, senza luoghi comuni, ancorata alla realtà, dove si possa volare con la fantasia per sviluppare la creatività, però senza mai staccarsi dalla vita reale. Il mio ideale è di formare dei bambini che non siano più tali, consapevoli che devono imparare a crescere. Devono sapere che al loro fianco, ben presto non ci saranno più mamma, papà, la maestra che li proteggono. Tutto questo, senza smettere di essere bambini, e quindi di giocare, di divertirsi, di fare i capricci magari, perché tutto questo consente loro di crescere. Mi delude, parlo in generale, il fatto di essere in un ambiente un po’ troppo protettivo.”

In questo caso, la responsabilità maggiore è dei docenti o dei genitori?
“Sui genitori, dalle mie parti si dice che “come fai, sbagli”. Oggi è difficilissimo essere genitori, è molto complicato. Ho tanta tenerezza e indulgenza verso di loro, forse perché lo sono anch’io, anzi sono anche nonna, so bene cosa dunque vuol dire. Sono d’accordo con la mia preside quando dice che l’inclusione a qualsiasi costo determina molto spesso l’esclusione delle eccellenze. Delle volte rischiamo, pertanto, di fare il processo inverso. Il docente ha il dovere, invece, di fare in modo che ognuno degli alunni che cura riesca a fare emergere le proprie eccellenze. Non sono d’accordo con chi limita colui o colei che brillano troppo, soltanto perché così offuscano gli altri. Per me, inclusione significa scoprire i talenti che ci sono in ogni alunno.”

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