Era la prima causa di morte pre covid. Poi la pandemia ha travolto tutto e tutti. Oggi si ritorna a parlare di infarto e c’è una novità: sarà possibile identificare i pazienti a maggior rischio con un semplice esame del sangue. Anzi con una Tac coronarica e un prelievo di sangue per prevedere se una persona con aterosclerosi avrà o no un infarto.
È la promessa di uno studio cui partecipa anche l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, coordinato dal Centro cardiologico Monzino di Milano. Si tratta di una ricerca giunta alla seconda fase che punta a identificare marcatori-spia del rischio di attacco cardiaco acuto. È finanziato dalla Fondazione regionale per la ricerca biomedica e oltre all’Humanitas vede la partecipazione anche del San Matteo di Pavia.
“Molti studi – ricordano i ricercatori – dimostrano che, statisticamente, un paziente su 5 in cui la Tac evidenzi la presenza di placche aterosclerotiche a uno stadio precoce di sviluppo, nel medio periodo va incontro a un evento cardiologico grave. Grazie a questo studio e ai nuovi strumenti individuati, sapremo chi sarà quell’uno che si ammalerà, che andrà protetto con programmi preventivi ad hoc, e chi saranno invece i 4 che resteranno sani e potranno evitare trattamenti
non necessari”.
L’obiettivo è infatti identificare marcatori molecolari combinati a marcatori radiologici, che possano prevedere in anticipo, in assenza di sintomi, quale sarà la prima
manifestazione clinica nel corso della vita di un soggetto con aterosclerosi coronarica: se presenterà cioè un evento acuto o una forma cronica stabile di cardiopatia.
Lo studio ricercherà nel sangue di persone senza precedenti infarti o rivascolarizzazioni coronariche, ma per le quali la Tac abbia evidenziato una malattia aterosclerotica coronarica iniziale, uno o più biomarcatori da associare al quadro evidenziato dalla Tac. Grazie ai marcatori individuati, quindi, sarà possibile identificare i pazienti a maggior rischio con un semplice esame del sangue”.
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