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La ‘ndrangheta fa affari ovunque ci sia odore di soldi

La realizzazione del quartiere “Buccinasco Più” è uno degli insediamenti più importanti della provincia di Milano. Sollecita molti appetiti. Alcuni leciti, altri decisamente illeciti

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inchiesta-2okLa ‘ndrangheta? Dopo la casa in Calabria, ha preso anche residenza in Lombardia dove fa affari ovunque ci sia odore di soldi. Lo ha confermato nei giorni scorsi anche l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano che, in collaborazione con Cgil Lombardia, ha pubblicato una ricerca sulla penetrazione della criminalità calabrese nella regione. E a Buccinasco, l’odore di soldi si respirava e si respira.  Quello della realizzazione del quartiere “Buccinasco Più” è uno degli insediamenti più importanti della provincia di Milano. Sollecita molti appetiti. Alcuni leciti, altri decisamente illeciti.

Leggi qui la prima puntata dell’inchiesta: I tentacoli della ‘ndrangheta su Buccinasco e i comuni del Sud ovest milanese

Per evitare equivoci che potrebbero provocare strani “pruditi” in qualcuno, val la pena ricordare che la sentenza del processo di Primo grado cui fa riferimento questa inchiesta, dopo essere stata confermata in Appello, è stata rigettata dalla Cassazione. Ci sono poi voluti 11 anni tra ricorsi e controricorsi per arrivare a una sentenza definitiva. Nel frattempo Rosario Barbaro e Maurizio Luraghi sono usciti dal carcere, Salvatore Barbaro, nel 2018, è stato scarcerato. Suo padre Domenico è morto a 79 anni. Nel 2019, quindi, l’ultimo atto: la Cassazione ha condannato Salvatore Barbaro a 9 anni, Miceli a 6 e Luraghi a 4 e sei mesi. Ma qui non si vuole ripercorrere quest’odissesa giudiziaria. Qui si vogliono analizzare i comportamenti. Ci sono le intercettazioni, le testimonianze, le dichiarazioni rilasciate in un’aula di tribunale dai protagonisti, chiamiamoli di contorno, di questa vicenda. Funzionari comunali, assessori, imprenditori. Nessuno ne esce fuori, tra “non ricordo” e reticenze varie, completamente assolto.

Cerberus, il cane a tre teste

La vera tempesta su “Buccinasco Più” si scatena nel 2008. Viene dunque alla luce l’indagine Cerberus, avviata già da qualche tempo. In una intercettazione telefonica, Salvatore Barbaro pronuncia la frase: “In quel quartiere abbiamo scaricato tanta di quella merda….” È l’inizio di un tornado che si abbatte sugli amministratori pubblici, sulle famiglie che ormai vivono nel quartiere, sugli imprenditori che quel quartiere hanno realizzato. Ed è anche una testimonianza di come la ‘ndrangheta abbia messo le proprie mani gli appalti, direttamente o indirettamente tramite aziende paravento.  È una scossa epocale per Buccinasco e per tutti i comuni del sud ovest milanese perché i Barbaro, dietro la facciata degli imprenditori che non “possono pagare per il nome che portano”, secondo gli investigatori intimidiscono i loro concorrenti, terrorizzano amministratori e funzionari pubblici, impongono un “sovrapprezzo” nei lavori di scavo da destinare alle famiglie dei Papalia che in quel momento si trovano in difficoltà, visti gli ergastoli comminati nel processo Nord Sud.

Non voglio pagare per il nome che porto

Quando si presenta agli amministratori locali, sia al decaduto Carbonera con il quale è stato a pranzo in un ristorante (l’attuale Griglia sul Fuoco, di cui parleremo più avanti), sia a quello in carica in quel momento, Cereda, Salvatore Barbaro recita la parte di colui “che non può essere penalizzato per colpe non sue, ma dei suoi familiari”. “Io non voglio pagare per il nome che porto” dice e chiede di poter lavorare per affrancarsi da quella che sembra essere una maledizione. Chiede addirittura di potersi iscrivere nell’elenco dei fornitori del Comune. Come detto, effettivamente, in quel periodo, è ancora un incensurato e ufficialmente  nulla osta ad affidargli un qualche incarico. L’unico legame che ha con i Papalia è il matrimonio con la figlia di Rocco. Non è poco ma intanto… Peccato che poi, l’inchiesta Cerberus abbia rivelato la sua vera natura. Con i politici era un agnellino, almeno inizialmente, con i concorrenti un lupo: si presentava come “il genero di Rocco Papalia” imponendo il prezzo a metro cubo degli sbancamenti, stabilendo secondo la propria convenienza chi dovesse lavorare nei cantieri e chi no. Suoi sodali sono i fratelli Rosario e Domenico Barbaro, Mario Miceli e Pasquale Papalia.

La merda scaricata

L’intercettazione della “merda scaricata” provoca un allarme che si diffonde a macchia d’olio: tra sindaco e amministrazione comunale, tra i residenti, tra gli ambientalisti. Cereda ordina un carotaggio che possa permettere di scoprire di cosa si tratta. Dal test emerge la verità: i materiali versati non sono adatti. Di fatto il quartiere “Buccinasco Più” è realizzato su una discarica. Una discarica nascosta sotto un enorme complesso residenziale in buona parte abitato. Dalla verifica saltano fuori “plinti di cemento, mattoni refrattari, tubi in gress, scorie vetrificate, residui secchi di coloranti industriali”. C’è qualcuno che grida a Gomorra, una Gomorra alla milanese.

La discarica rimane una discarica

In realtà la gran parte dei rifiuti interrati è composta da materiali inerti con qualche traccia di amianto e idrocarburi, proventi da demolizioni di vecchi edifici o cantieri del circondario. Materiale che prima di essere ricollocato doveva essere trattato per eliminarne gli inquinanti. La tensione, a Buccinasco, è altissima. Viene organizzata un’assemblea alla quale partecipano anche i tecnici dell’Arpa. La conclusione? Quel terreno va rimosso. Da via Roma, sede del Comune di Buccinasco, parte un’ordinanza firmata da Cereda con la quale si impone a Finman di ripulire l’area. Si tratta di un lavoro che ha un costo. La società è amministrata da Mario e Adriano Pecchia, che tergiversano: se spostiamo i materiali potremmo provocare problemi agli edifici. Allora decidono di ripulire solo in superficie. Spostano qualche laterizio di qui, qualche tubo di lì, poi rullano il terreno e il gioco, secondo loro, è fatto. Non è per nulla così. La discarica rimane, a tutti gli effetti, una discarica, anche se in Comune danno per scontato, o almeno così dichiarano, che la bonifica sia stata eseguita.

I guai di Cereda

Un vecchio detto pugliese recita: “I guai non arrivano mai da soli”. La conferma che nel proverbio ci sia un fondo di verità si verifica quando nella vicenda entra in scena anche l’Ersaf, ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste, che nell’ambito di un piano di riforestazione chiede al Comune di piantumare, sull’area destinata a verde della lottizzazione, cioè parte dei 60mila metri quadrati non edificati, una serie di essenze autoctone. Detto fatto. Ed è l’ok a questa operazione, su un terreno che si riteneva sanificato e che invece è ancora una discarica, che mette nei guai Loris Cereda. Il sindaco viene accusato, assieme ai Pecchia e a Renato Pintus, di essere uno dei “gestori della discarica”. Cereda, poi sarà arrestato per tangenti legate agli appalti della nettezza urbana e per il cambio di destinazione d’uso di alcune aree. Ma questa è un’altra storia.

Chi porta voti a chi?

Nella sentenza di primo grado del processo Cerberus emessa l’11 giugno del 2011, viene indicata una intercettazione ambientale tra Maurizio Luraghi e Domenico Barbaro. È il 22 marzo 2005, i due sono a bordo di una Bmw. Luraghi si lamenta della voracità di Salvatore Barbaro, figlio di Domenico, che pretende di decidere chi deve lavorare e chi no. Luraghi parla di due grosse lottizzazioni pronte a prendere il via e riferendosi a Salvatore, dice a Domenico: “Non è che può essere tutto lui. Io ho messo i manifesti anche lì a Linate, a Rho, a Pogliano, non è che tutti i voti li ha portati lui”.  Domenico gli risponde: “Vedi, a Salvatore gli manca il coraggio di essere onesto”. “Perché non ha voglia di lavorare… lui vuole stare a casa a fare il boss” è la replica del calabrese. Oltre alle lamentele, nella conversazione c’è una conferma, non si sa quanto indiretta, dell’influenza che il gruppo ha sulle elezioni di alcuni amministratori locali. Chi hanno contribuito a far eleggere e dove?

Il pizzo sul movimento terra

L’intercettazione contiene anche passaggi in cui per la prima volta si parla di “pizzo”. Tra Domenico Barbaro e Luraghi c’è confidenza, quindi il secondo parla senza remore e dice:  “Salvatore ha confuso l’amicizia con… io uso parole forti…col fatto di pagare il pizzo. Non c’è bisogno di dirmi “tu mi devi dare, se vuoi lavorare qua un euro” perché tu che sei mio amico, sono io a dirti: “guarda Salvatore, qua così 2 euro, un euro, dieci euro vengono fuori per tuo suocero che è in difficoltà” Ero io che dovevo farlo, non lui!”. Il “pizzo” non è quindi solo quello imposto ai commercianti, ma una “tassa” che chiunque lavorasse nel movimento terra doveva corrispondere al clan.

Contratti d’appalto e sub appalto

Una traccia della “presenza” del Comune in questo “affaire” si trova in una intercettazione telefonica del 2 aprile del 2005 ancora tra Maurizio Luraghi e Domenico Barbaro, Luraghi informa Barbaro che il Comune di Buccinasco vuole copia dei contratti di appalto che ha sottoscritto con Finman e quelli di sub appalto che ha stipulato con i… fornitori, riferendosi al gruppo di imprese facenti parte della galassia Barbaro. “Devo portargli sia il tuo che… quello di Salvatore”. Poi rivela: Devono fare il sub appalto dell’impianto di illuminazione, sub appalto dell’impianto di idraulico, sub appalto dell’impianto elettrico… vogliono che io gli faccia tutto, sono quasi … 7 milioni e mezzo di euro! Sono quasi quindici miliardi di roba… io volevo prima parlare…” Domenico gli chiede: “Ma di un po’, il Comune cosa gli interessa chi fa il sub appalto?” e poi aggiunge: “…non riesco a capirli neanche io. Lunedì porto giù tutto e poi andiamo su… andiamo su insieme in Comune”. A parlare con chi?

Un affare tra privati

Luraghi si ribella a questa improvvisa richiesta. Dice che trattandosi di contratti tra privati, la committente è la Finman, società privata, al Comune non dovrebbe interessare chi fa cosa. Domenico dice di andare in municipio per chiedere al sindaco (Maurizio Carbonera ndr): “Mo che cos’è che vuoi?”. I due concordano di incontrare Renato Pintus per chiedergli quali fossero le reali intenzioni dell’amministrazione comunale e perché si stava occupando di un affare tra privati mettendo il naso nelle questioni di sub appalto del movimento terra. Luraghi sottolinea: “Che cazzo… gli dico: io ho i miei contrattini di sub appalto… quando ho bisogno di un escavatore chiamo a noleggio da queste persone qua… ci sono le regolari fatture… quindi che cazzo vogliono non lo so!”

80mila euro di maggiorazione

Che i lavori a “Buccinasco Più”, e non solo quelli, servissero a “mantenere” le famiglie degli affiliati al clan Barbaro-Papalia detenuti nelle carceri italiane tramite il pagamento del “pizzo” ricavato imponendo un sovraprezzo ai contratti di appalto emerge da un’altra intercettazione ambientale del 17 maggio del 2005, discussa sempre nel processo di primo grado. Maurizio Luraghi riceve una telefonata da Renato Pintus che gli dà appuntamento al centro commerciale in via Romagna, dietro l’allora Irid Breda, una delle cooperative della famiglia Pecchia. Si parla di Pasqualino Papalia, interessato al contratto che si doveva sottoporre a Pintus, e di Salvatore Barbaro interessato alla maggiorazione del prezzo dell’appalto affinché se ne ricavasse una parte destinata al sostegno dei detenuti per mafia. Qualche giorno più tardi, Luraghi, Papalia e Salvatore Barbaro discutono di 80mila euro in più su una proposta di due milioni e duecentotrentamila.

Cena a base di pesce e… figa

Durante la stessa discussione emerge che in gara per i lavori a “Buccinasco Più” c’erano anche altri imprenditori che avevano presentato preventivi più bassi di quelli della Lavori Stradali di Luraghi per cui Pintus lo aveva “invitato” a rivedere la sua offerta e si era messo a far di conto sulla maggiorazione da apportare e di come farla rientrare in standard accettabili spendibili all’esterno da parte del committente. “Se lo correggo questo preventivo, entro venerdì vogliono firmare il contratto, se a noi ci sta bene” conferma Luraghi. Che poi propone per cementare l’accordo una cena a base di pesce con Pintus e Pecchia “così gli presento un po’ di fighe… che mi hanno detto… che gli avete detto che ci sono fighe da tutte le parti”.

Scavalcata la concorrenza in maniera sleale

Secondo il Pubblico ministero del processo Cerberus, Alessandra Dolci, Luraghi e i suoi “sub appaltatori” erano “entrati in trattativa privata con il committente dei lavori di “Buccinasco Più” ad un prezzo concordato che scavalcasse la concorrenza in maniera sleale falsando le regole di mercato e la stessa convenienza economica dei committenti i quali, del resto, sapevano perfettamente chi ci fosse dietro di lui. L’imprenditore “era perfettamente consapevole che il preventivo avrebbe dovuto essere mascherato in maniera tale che contenesse una maggiorazione che non avrebbe rappresentato un suo maggiore guadagno ma sarebbe stata destinata al sostegno dei detenuti per mafia”. Il sovrapprezzo, naturalmente sarebbe poi stato scaricato sugli utenti finali, gli acquirenti dei 600 appartamenti e degli spazi commerciali previsti dal piano di lottizzazione della stessa “Buccinasco Più”.

La contestazione di Salvatore Barbaro

La ricostruzione di Luraghi in merito al “pizzo” inserito nei contratto con la Finman, nonostante quanto emerso dalle intercettazioni, viene però contestata da Salvatore Barbaro con delle dichiarazioni spontanee rilasciate durante il processo. Barbaro ribalta le accuse di sfruttamento su Luraghi e racconta: “Dice di aver pagato, che ha pagato, cosa ha pagato, che non mi pagava il giusto”. Poi continua: “Durante i lotti siamo andati avanti che gli ho fatto questi 4 euro e 20 (per il riempimento delle strade ndr) dopo di che lui guadagnava 7 euro e 80 su di me… è un contratto che lui ha fatto a 12 euro, io gli facevo 4,20 e mi andava bene perché ho guadagnato e non mi lamento a dire che ho guadagnato. Quindi se ho guadagnato io, è inutile che viene a fare il piagnucolio davanti a lei (il pm ndr) quando, per dire ha straguadagnato”.

Se io ho una discarica gratis…

E che i guadagni non mancassero è più che accertato perché nella stesse dichiarazioni spontanee è lo stesso Salvatore Barbaro a rivelare quale era il meccanismo che ha trasformato l’area di “Buccinasco Più” in una discarica. “Se io vengo a scaricare in una sua discarica – spiega al pm –  o in cava, diciamo, pago quei 5-6 euro a metro cubo. Quindi se io ho una discarica gratis da cui vengo anche pagato, io risparmio”. In questo modo – sottintende – Luraghi avrebbe incassato tra contratto e risparmi per non aver depositato in discarica i materiali delle demolizioni 18 euro al metro cubo. La cifra che avrebbe risparmiato ammonterebbe a circa 1milione e trecentomila euro.  “Non è corretto – afferma, bontà sua – ma se uno deve dire le cose come stanno, uno la verità la dice…” “Se io faccio 20 – 30 mila metri cubi… incasso per dire 100-200mila euro…”

(continua: la terza parte dell’inchiesta sarà on line domenica 12 febbraio)

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