“Siccome si potrà censurare, e senza dubbio quest’opera sarà censurata, comincerò dal dire a mia discolpa che io sono giovane, senza esperienza, ignaro della mia lingua, quantunque studente in lettere… e allora i critici non sbaglieranno se troveranno qualche peccatuccio di stile che salta fuori qua e là… Quest’opera però non è mia, perché se l’avessi fatta io non mi sarebbe certo venuto in mente di scrivere una prefazione. Il mio amor proprio, infatti, non mi permette di scrivere una sola parola quando sia persuaso che non sarà letta.” Così scrive Balzac nella prefazione de “Il Vicario delle Ardenne”. È un tentativo giocato sul filo dell’ironia di attribuire la paternità del libro al suo protagonista, incontrato, a suo dire, su una spiaggia. È a lui che l’autore di “Papà Goriot” confessa di aver rubato il manoscritto. Non è assolutamente vero, naturalmente
La confessione
“Fatti tacere con questa franca confessione i malevoli, mi rivolgo alla parte più sana del pubblico, a quelli che avranno il “buon senso di leggermi, a quelli non ancora presi dal delirio della politica, a coloro che, slanciandosi in un mondo ideale creato da un autore valente come me, vivono con esseri immaginari, che li divertono o qualche volta li annoiano, perché non c’è nulla di perfetto, nemmeno nei romanzi.
A costoro ho serbato la spiegazione dell’enigma compreso nelle prime righe di questa prefazione. Sarò sincero, oserò confessare i miei torti e comparire davanti al tribunale dei lettori di romanzi, chiedendo perdono se parlo di me… Ma siccome dobbiamo star insieme un bel pezzo, perché avrò un trenta opere da pubblicare, credo che potremo senza pericolo aprirci l’animo nostro.”
L’inizio della storia
L’arrivo del nuovo vicario nel villaggio d’Aulnay, vicino alla foresta delle Ardenne è un evento che nessuno vuole perdere. La campana della chiesa suona con forza e rapidità. Quasi tutti i coloni, poggiati alle porte delle capanne, guardano in silenzio verso l’imboccatura del casale, mentre le donne, cianciando da un capo all’altro della contrada o dalle finestre, mettono la curiosità in corpo anche allo stoico più sperticato. Finalmente il prelato fa il suo ingresso in paese.
Il segreto
È giovanissimo, ha gli occhi bellissimi, offuscati però da un’ombra. Eppure è il pupillo di uno dei personaggi più altolocati nelle gerarchie della Chiesa francese. Perché è triste, si chiede la gente? Sulla sua faccia c’è un livido pallore quasi mortale: “le labbra scolorate e la malinconica postura paiono indicare una pratica rigorosa della vita ascetica, i neri capelli tagliati sul davanti e cadenti in folte ciocche su le spalle danno al suo volto un’aria inspirata che accresce la vivacità d’un occhio nero, scrutatore e pieno d’una cupa energia”. Nessuno potrebbe immaginare il segreto che custodisce nel suo cuore.