martedì, Luglio 8, 2025
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È libero Giovanni Brusca: azionò il telecomando della strage di Capaci che uccise il giudice Giovanni Falcone e sua moglie

Il boss mafioso fece anche uccidere e sciogliere nell'acido il cadavere di Giuseppe Di Matteo, tenuto per due anni e due mesi in prigionia

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Nella foto, il boss Giovanni Brusca davanti a una immagine dei giudici Falcone e Borsellino

Dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, il capomafia di San Giuseppe Jato – responsabile di decine di omicidi – ha esaurito tutti i debiti con la giustizia. La sua collaborazione con i magistrati, iniziata dopo un primo tentativo di falso pentimento, è stata decisiva per ricostruire pezzi fondamentali della struttura di Cosa Nostra.

Da qualche giorno quindi (la notizia è stata diffusa pochi minuti fa), Giovanni Brusca, il mafioso che azionò il telecomando della strage di Capaci che uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, è tornato libero a tutti gli effetti, benché ancora scortato dal Servizio centrale di protezione, che segue ogni suo movimento: è arrivata infatti la scadenza dei quattro anni di libertà vigilata che ha eliminato tutti gli obblighi residui a carico del boss di San Giuseppe Jato (Palermo). L’impatto dal punto di vista emotivo è notevole.

Brusca, che azionò il telecomando della strage di Capaci e fece uccidere e sciogliere nell’acido il cadavere del giovane Giuseppe Di Matteo, tenuto per due anni e due mesi in prigionia, non ha più l’obbligo di stare a casa dalle otto di sera alle otto del mattino né di firmare tre volte alla settimana nella caserma dei carabinieri del luogo in cui risiede. È libero in tutti i suoi movimenti, benché scortato: quando finirà anche questo sarà in grado di spostarsi dove e come vorrà.

Nel luglio del 2022 La decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma a seguito della richiesta del questore di Palermo. L’ex boss di San Giuseppe Jato era stato sottoposto a obblighi di firma, non poteva uscire di sera e prima di una certa ora al mattino e non poteva incontrare persone con precedenti penali. Liberato per fine pena, infatti, Brusca aveva dato segni di possibile ritorno a frequentazioni di pregiudicati e di vicinanza ad ambienti criminali.

La scarcerazione del boss aveva scatenato proteste da parte dei familiari delle vittime: ma i 25 anni da lui trascorsi in cella (sia pure con benefici carcerari e permessi periodici) sono il massimo della detenzione per coloro che collaborano con la giustizia e  non commettono altri reati. Così Giovanni Brusca è libero a tutti gli effetti. Non tornerà in Sicilia: continuerà a vivere sotto falsa identità e sarà protetto dal programma di protezione testimoni, misura prevista per chi collabora con la giustizia in processi di criminalità organizzata. Sarà legalmente corretto, ma la giustizia, quella vera, ne esce sconfitta.

 

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