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Corsico e Rozzano, la povertà alimentare ha volto di donna

Lo dice il rapporto di Actionaid pubblicato oggi in collaborazione con Cav Milano (rete che raccoglie una serie di associazioni di volontariato)

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donne-povereSecondo il rapporto di Actionaid (La fame non raccontata), pubblicato oggi in collaborazione con Cav Milano (rete che raccoglie una serie di associazioni di volontariato), sono le donne le testimoni di come sia cresciuta la povertà alimentare in Italia dall’inizio della pandemia. Le prime a saltare pasti per permettere ai figli e al resto della famiglia di mangiare, e a farsi carico di rivolgersi ai centri di assistenza per chiedere aiuto affrontando la vergogna e lo stigma sociale.

Lo dice Actionaid in una nota stampa sul Rapporto. “‘Ho saltato molti pasti perché preferivo che mangiassero loro, se avevo due uova le davo a loro e io non ne mangiavo’, ha raccontato una donna di origine straniera di Baranzate, una delle 53 voci raccolte nel rapporto. Attraverso molte interviste come questa, fatte a chi si rivolge agli enti di assistenza – si legge nel comunicato di Actionaid – emergono l’impatto e le caratteristiche della povertà alimentare nel territorio metropolitano di Milano (Corsico, Cinisello Balsamo, Baranzate, Rozzano) insieme agli effetti prodotti dalla pandemia”.

Un’emergenza già esistente, prosegue la nota, che si è allargata nel corso del 2020, come dimostra l’aumento delle richieste di aiuto alle quattro associazioni territoriali coinvolte nella ricerca: erano 2.024 le persone aiutate (671 famiglie) del 2019 e sono diventate 3.957 nel 2020 (1151 famiglie) con una crescita del 95%. E se oggi Milano è protagonista di una rapida ripresa economica, la sua provincia resta segnata da una crisi acuta che ha il maggiore allarme proprio nella difficoltà all’accesso a un cibo sano e adeguato per i più fragili.

Dal report è emerso che il 63% degli intervistati si era rivolto al centro di assistenza già prima della pandemia e il 37% durante la pandemia. Persone con entrate minime che con il Covid19 sono scivolate nella povertà alimentare, quindi non solo in una situazione di mancanza di cibo, spiega la nota, “ma di alimenti di qualità e salutari, di possibilità di scelta. Una questione di dignità per sé e la propria famiglia, che si crepa quando si arriva alla consapevolezza che non ci si può più concedere altro che gli aiuti alimentari”.

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