Home Cronaca Api, il tribunale fallimentare rinvia il destino della municipalizzata

Api, il tribunale fallimentare rinvia il destino della municipalizzata

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Secondo Franco Spiccia di Sinistra Italiana, per il suo ruolo di assessore, l'attuale sindaco non poteva non sapere quel che bolliva in pentola di Api

Si doveva decidere lunedì il destino dell’Api, la municipalizzata di Rozzano ammessa al concordato preventivo. Invece, secondo notizie che arrivano da palazzo di Giustizia, i giudici fallimentari avrebbero rinviato al 15 marzo prossimo qualsiasi mossa. La motivazione? Si starebbe valutando la revoca dell’ammissione al concordato

Doveva essere una giornata decisiva quella di lunedì per l’amministrazione comunale di Rozzano. Era attesa in mattinata, dopo tre rinvii, la decisione del Tribunale fallimentare di Milano sul concordato dell’Api, la municipalizzata rozzanese impegnata e naufragata nel teleriscaldamento della città, da anni al centro di vicende che sembrano essere uscite dal museo degli orrori contabili. Erano in molti a sperare che i magistrati  accogliessero la richiesta di concordato preventivo. In questo modo, una nuova società a capitale privato avrebbe preno il posto di Api acquisendo le quote societarie e garantendo la prosecuzione del servizio. Invece, dal Tribunale sarebbe stato disposto il rinvio della convocazione dei creditori dell’Api “secondo la procedura in bianco richiesta dal Comune di Rozzano” perchè i giudici starebbero valutando la revoca della stessa ammissione al concordato.

Che cosa significa?

Che i magistrati, prima di prendere qualunque decisione, vorrebbero vederci chiaro una volta per tutte nella situazione economico-finanziaria e patrimoniale di Ama, società di cui il comune di Rozzano è proprietaria, che sta attraversando un periodo di difficoltà (nei giorni scorsi si era vociferato addirittura che non avrebbe pagato la tredicesima ai suoi dipendenti) di cui si ignora la portata e l’entità e, soprattutto che solidità abbia, visto che dovrebbe acquistare i beni di Api e pagare i suoi debiti. Questo è un passaggio fondamentale al fine di comprendere le reali possibilità da parte di Api di assicurare ai suoi creditori almeno il 20% del dovuto. In sostanza, se Ama non ha i soldi per acquistare i beni di Api (molti dei quali erano già di Ama ed erano stati trasferiti ad Api come garanzia dei finanziamenti richiesti alle banche), come fa quest’ultima a pagare i suoi creditori? Sarebbe di fatto fallita. Se tutto questo non bastasse c’è anche un’istanza di Gas Più Distribuzione che, dopo aver perso l’opportunità di gestire il servizio di distribuzione finito nelle mani di 2I Rete Gas, denuncia la possibilità di aver subito una truffa a suo danno “per una sottrazione della disponibilità della rete con atto ordinario e non straordinario come dovuto per una società in concordato”.

La continuità dell’attività

Secondo molti, come detto, il concordato preventivo poteva essere la scelta meno dolorosa perché avrebbe garantito la continuità, seppur ridotta, dell’attività e preservato un certo numero di posti di lavoro. Questa strada sarebbe ancora percorribile, anche il prossimo marzo, se i giudici, dissolto ogni dubbio, decidessero di accogliere il concordato perché le banche che avevano finanziato i piani di sviluppo Api, poi naufragati, sono state in parte soddisfatte, così pure alcuni professionisti e consulenti. Va ricordato che il concordato era stato richiesto nel gennaio 2016, anche se il dissesto era venuto alla luce due anni prima, nel 2014, quando i sindaci della municipalizzata si erano rifiutati di sottoscrivere il bilancio che aveva già un buco di oltre 30 milioni di euro.

L’ipotesi del fallimento

Che cosa accadrà sul piano pratico se, invece, giudici decidessero che non ci sono le condizioni per chiudere la vicenda accogliendo l’istanza del comune e optassero per il fallimento? In primo luogo, con le risorse che il curatore fallimentare ha recuperato, dovrebbero essere liquidate le spettanze dei creditori privilegiati tra cui si trovano ancora alcuni dipendenti e l’erario, visto che sin dal 2011 l’Api aveva smesso di pagare i contributi delle proprie maestranze. Quali sarebbero le conseguenze? Quelle politiche, pesanti per molti personaggi del Pd. Dall’ex sindaco D’Avolio, insieme a Sgambato, ideatore e deus ex machina del progetto teleriscaldamento, all’attuale sindaco Agogliati, per due anni titolare della poltrona di Assessore alle partecipate al comune di Rozzano. D’Avolio aveva imposto l’Api e il progetto Teleriscaldamento, poi quando si è candidato come consigliere alla Regione Lombardia ha lasciato la patata bollente nelle mani di altri. In quanto alla Agogliati, già da tempo le forze politiche attualmente all’opposizione hanno chiesto le sue dimissioni e, in caso di Fallimento di Api, non tarderanno a reiterare la loro richiesta.

Non poteva non sapere

L’accusa che tutti lanciano è che le responsabilità del dissesto di Api vadano cercate nella gestione clientelare della municipalizzata, che aveva una struttura sovradimensionata con un unico scopo: creare un serbatoio di voti cui il Pd potesse attingere a piene mani. Secondo Franco Spiccia, di Sinistra italiana, il sindaco dovrebbe dimettersi perché non è più credibile. Per il suo ruolo di assessore non poteva non sapere quel che bolliva in pentola di Api, il cui contenuto ha scottato tantissime persone. Si credeva che oggi sarebbe stata la giornata giusta per fare un po’ di chiarezza. Invece i giudici hanno deciso di andare a vedere le carte e scoprire se qualcuno dei giocatori seduti al tavolo del concordato stia bluffando.

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